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MediaNella Val del Riso e in particolare a Gorno non finiscono mai le ricerche sulla propria storia mineraria. Certo, c’è il Museo e il sito minerario di Costa Jels, e adesso c’è quel progetto (faticoso nella sua realizzazione) per riaprire le miniere.Alle spalle una storia di personaggi che dai cunicoli della valle arrivarono a portare le loro capacità e caparbietà nella lontana Australia. E proprio in Australia lavorò come ingegnere minerario Herbert Hoover, ovviamente prima di essere eletto 31° Presidente degli Stati Uniti nel 1929, proprio l’anno della grande depressione. Aveva studiato da geologo e diresse siti minerari in Cina e Australia. Proprio qui “conobbe” le capacità dei minatori “di Bergamo, una città vicina alla Svizzera”, in realtà minatori della Val dei Riso, apprezzati anche perché “insindacalizzati” il che non era un gran complimento, insomma, bravi, capaci e anche socialmente “tranquilli”, il che per un dirigente d’azienda (era diventato milionario proprio nella gestione di miniere in tutto il mondo) era un merito non da poco.Il filmato (55 minuti) è stato realizzato in Australia quindici anni fa raccogliendo materiale e testimonianze. Fabrizio Scolari, coordinatore dell’Ecomuseo e consigliere comunale con delega appunto all’aspetto minerario della storia gornese sintetizza: “Racconta la storia di quella immigrazione di minatori e boscaioli.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo GORNO – Il Presidente degli USA (1929-33) ingaggiò i minatori della Val del Riso proviene da Araberara.

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Media “Le alghe? Purtroppo è abbastanza normale che ci siano, un po’ per le temperature delle scorse settimane, un po’ perché l’acqua si è abbassata e quindi se ne vedono di più, soprattutto all’inizio del lago, che qui è meno profondo. Certo che però di ‘ste alghe adesso ce ne sono troppe…”.Uno dei pescatori che si trovano nella parte iniziale del Lago di Endine, a poca distanza dal K-Beach, commenta l’espansione delle alghe in questa parte dello specchio d’acqua. Uno specchio d’acqua che in alcune zone, sempre più ampie, non è più tale, perché lì non si specchia più il cielo e la montagna, ma si vedono solo alghe (dalla parte alta di Endine, guardando verso il lago, si vedono macchie giallastre sempre più grandi).Va fatta una premessa (perché c’è chi dice che non bisognerebbe scrivere sui giornali e sui social che il lago è sporco e ricoperto di alghe, perché altrimenti “i turisti non si fermano”): il Lago di Endine è bellissimo e, nell’ammirarlo, si sente il rammarico di non essere un pittore e di non poterlo quindi immortalare in tutto il suo splendore (al massimo ci si può limitare a scattare una foto). In vaste parti del lago, tuttora il panorama è splendido (parlando del lago di Endine mi capita spesso di usare l’aggettivo ‘pittoresco’), perché di alghe non se ne vedono (o se ne vedono poche). Questo vale per la parte che va dal centro abitato di Ranzanico a Spinone e, sulla sponda opposta, Monasterolo; quindi la parte di lago rivolta verso la Valle Cavallina. Lo stesso non si può però dire dell’ala rivolta verso l’Alto Sebino. La parte terminale del lago, in territorio endinese, è totalmente ricoperta di alghe. Questo vale per le sponde, ma non solo, perché una lunga lingua giallastra si sta allungando all’interno dello specchio d’acqua.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo LAGO DI ENDINE – Là dove regnano le alghe che invadono il lago proviene da Araberara.

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MediaLa collina è un archivio della memoria. Il lago là sotto increspato dall’Ora. Dal paese la vecchia mulattiera col selciato, i gradoni di pietra, una salita verso il cielo aperto segnato dal campanile dell’antica chiesa di S. Pietro. Adesso ci si arriva in auto. Qui c’erano vigneti (mangiati dall’urbanistica) e sotto sopravvivono gli uliveti. Il tornado delle scorse settimane si è portato via due cipressi.I vecchi lo chiamavano il camposanto. Negli anni ha risalito la collina, nuovi terrazzamenti per conservare i ricordi, il pianto e i rimpianti. Le immagini sono di sorriso, foto di quando si era felici magari con poco o niente e ogni immagine desta nostalgie e perfino malinconie.Entro come una sorta di omaggio doveroso nella cappella dei preti, don Camplani, burbero cappellano delle suore, le messe all’alba nella chiesina del Cacciamatta (Emma, che gli faceva da “perpetua”, la troverò altrove, mi regalava le spumiglie), lo zio don Pierì, prevosto per 27 anni. Fece costruire questa cappella mettendoci una scritta in latino che invita a ricordarsi dei preti che hanno dedicato la loro vita (o almeno una parte) al paese, caso mai appunto ci si dimenticasse di loro. Il ricordo del Vescovo mons. Bruno Foresti, sepolto nella cattedrale di Brescia e qui ricordato ai piedi dell’altare, don Aldo Cristinelli e il suo girovagare alla ricerca di una pace monastica, Fabrizio che fatico a chiamare “padre” per la vecchia amicizia, don Giacomo Fenaroli che fu parroco a Bueggio e poi e poi…. Fuori uno sguardo al lago dell’ottobrata anomala inquadrato tra i cipressi superstiti. Le tombe nella prona terra.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo TAVERNOLA – SPOON RIVER – Al camposanto i ricordi, il pianto e il rimpianto proviene da Araberara.

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Media“Alla nostra lettera inviata tre settimane fa non ha ancora risposto, non riusciamo a capire perché la nostra sindaca si sottragga la confronto ed al dialogo, che sarebbero la soluzione più giusta per risolvere i problemi dei propri cittadini…”.Serena Misani  parla anche a nome di altre 13 mamme preoccupate delle decisioni in tema di trasporto alunni che il Comune ha preso senza ascoltare la voce delle famiglie direttamente interessate, un servizio che, secondo le mamme stesse, lascia molto a desiderare. Ma cerchiamo di ricostruire i fatti in ordine cronologico:“Al servizio di bus scolastico il Comune ha aggiunto quello di un accompagnatore, richiesto da tre mamme, con una delibera del 30 agosto scorso e a nostra insaputa, tant’è vero che ne siamo venute a conoscenza solo in sede di consegna dei documenti di adesione al servizio bus; questi documenti vengono richiesti alle famiglie ogni anno, ma stavolta abbiamo avuto solo 4 giorni per la consegna ed al momento di compilare la richiesta abbiamo scoperto che per il nuovo servizio di accompagnamento dovevamo pagare una somma di 100 euro”.Questa scoperta non viene ovviamente gradita dalle mamme: “Non tanto per la somma in sé, ma perché il tutto era stato deciso senza informarcene prima e non alla luce del sole: ci premeva molto, infatti, sapere a chi sarebbero stati ‘affidati’ i nostri figli e se questo servizio avrebbe comportato ritardi nell’organizzazione scolastica o altro, risposta che non avemmo nemmeno da un incontro con il segretario comunale, che ci parlò solo di una servizio da appaltare – appalto che tuttavia non ci risulta a tutt’oggi essere stato fatto – aggiungendo che non dovevamo preoccuparci e che avrebbe pensato a tutto il Comune. Anche gli scolari e gli studenti che non avevano bisogno di accompagnatore hanno dovuto accettare la novità, pena il non poter usufruire nemmeno del trasporto col bus, che avrebbe trasportato, insieme agli altri, anche i bimbi della scuola dell’infanzia, il tutto ovviamente ai fini del risparmio. Così è successo che i nostri ragazzi delle Medie sono arrivati in ritardo fin dal primo giorno, tanto che il dirigente scolastico ha spostato di 5 minuti l’orario di entrata a scuola, mentre i piccoli dell’asilo devono alzarsi una buona mezz’ora prima…”.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo GROMO – La protesta delle mamma per il pulmino scolastico. La sindaca Sara Riva: “Non comprendo queste lamentele, avevano chiesto loro l’accompagnatore” proviene da Araberara.

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Mediadi Luca MarianiConfesso che a me sarebbe piaciuto vivere a Milano: lì ho conosciuto mio marito, ho frequentato l’università e andavo a teatro. Ma mio marito era molto legato a Ranica, anche perché qui aveva i suoi parenti”. È il 1971. Paola Magni ha da poco compito 31 anni. Dopo essere convolata a nozze, inizia a lavorare come insegnante alle scuole Medie proprio di Ranica, dove si trasferisce insieme al suo novello sposo. “Quando sono arrivata, mi sembrava un paesino e dicevo: ‘Ma dove sono andata a finire?’. Non guidavo ancora, ho preso la patente tardi, a 40 anni. Se avevo bisogno di andare a Bergamo con i due figli, dovevo chiedere aiuto a destra e a manca. Allora non c’era nemmeno il pullman che passava a Ranica”.Sono passati più di cinquant’anni da quel 1971. Nonostante lo scetticismo iniziale, Paola Magni non solo ha vissuto sempre a Ranica, ma è diventata una delle protagoniste principali della storia ranichese in quest’ultimo mezzo secolo. Vicesindaca per quattro anni e sindaca per tre mandati. “In tutti questi anni ho avuto la fortuna di avere persone al mio fianco esperte e capaci”.Questa collaborazione positiva e proficua ha permesso a Paola Magni di ottenere degli ottimi risultati amministrativi riconosciuti dai suoi concittadini e non solo: “Mi è piaciuto parlare con una persona non ranichese che mi ha detto: ‘Come è cambiata Ranica! Veramente è molto bella e ricca di servizi’. Confesso che questa espressione mi ha commossa, perché mi sono detta: ‘Allora abbiamo lavorato bene’. Uso il noi, perché il buon governo non è legato mai ad una sola persona. È legato ad un gruppo di persone, formato dai dipendenti comunali e dagli amministratori”.Tra tutti i miglioramenti che la professoressa originaria di Alzano Lombardo ha introdotto nel tessuto sociale e architettonico di Ranica, la biblioteca è quello che la rende più orgogliosa: “Non solo perché è un punto di aggregazione. Ma anche perché la cultura, che dalla sua etimologia vuol dire far crescere, sicuramente aiuterà il mondo a rinnovarsi. Quello che mi fa piacere è che sia frequentata da molti giovani che vanno lì a studiare. Ciò mi fa ben sperare”.I tre mandati di Paola Magni alla guida di Ranica sono iniziati con un periodo di fisiologico assestamento: “I miei nipoti sono vissuti molto all’estero e quando erano più piccoli mi chiedevano cosa volesse dire essere sindaco di Ranica. Per me era un po’ difficile spiegarlo. Anche perché i primi mesi da sindaca ero sull’agitato andante. Avevo tanti dubbi e tanta paura di sbagliare”.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo RANICA – INTERVISTA ALL’EX SINDACA – Paola Magni si racconta: il primo impatto in paese, gli anni in Comune, il sogno Zopfi, le passioni e… il cucito proviene da Araberara.

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MediaIl cielo si è fatto nuvoloso e tira un’aria frizzante che scompiglia i pensieri. Il viale fatto di sanpietrini è deserto, sulla destra delle piccole tombe bianche raccolgono i sogni spezzati di piccole anime che sono volate in cielo troppo presto. Degli angioletti in pietra li vegliano sorridenti. Più su, alla mia destra due fotografie, una in bianco e nero e l’altra a colori un po’ sbiaditi ritraggono Gian Paolo Marinoni in sella alla sua moto. Sotto i baffi un sorriso orgoglioso. “A portarmi via quel 24 gennaio del 1986 è stata la mia più grande passione… ero un pilota ufficiale della Cagiva e stavo partecipando alla Parigi – Dakar. Avevo vinto due tappe, poi quel giorno sono caduto a pochi chilometri dal traguardo, ma io quella gara volevo portarla a termine e mi sono alzato… ho chiuso 13°. Poche ore dopo però non mi sono sentito bene e sono stato ricoverato all’ospedale civile di Dakar, ma i danni al fegato erano stati troppo gravi… avrei compiuto 31 anni pochi giorni più tardi, il 6 febbraio. Aspetta, prima di andare via, qui accanto a me c’è papà Raimondo, lo conoscono tutti come Mondo, storico sindaco di Rovetta e vedi, proprio qui sotto c’è il centro sportivo, porta il mio nome”.Risalgo il vialetto che nel frattempo si è popolato e trovo due suore che a Rovetta hanno fatto la storia, suor Maria Grazia Mazzoleni “i miei bambini sono diventati adulti ormai, ma chi ha frequentato l’asilo si ricorderà di me” e suor Bernardetta Barzizza “invece di me si ricorderanno quelli che da bambini venivano a cercare i ritagli delle ostie… che a quei tempi erano come le patatine”.E poi don Gaetano Boffelli: “Mi piaceva stare tra i ragazzi e non avevo problemi a mettere la tuta da lavoro e andare insieme a loro a raccogliere ferro e carta e grazie ai fondi che siamo riusciti a raccogliere, abbiamo costruito il nuovo oratorio sulle ceneri della casa parrocchiale… che bella soddisfazione. Dopo 27 anni da parroco me ne sono andato a Bagnatica, solo che Rovetta mi era rimasta nel cuore, mi mancava tanto e ho deciso di tornare”.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo ROVETTA – Paolo: “Ero alla Parigi Dakar quando…”, Suor Maria Grazia: “I miei bimbi ora sono adulti ma…”, Battistina: “Facevo la professoressa e la catechista, portavo cabaret di paste…” Stefano: “Avevo 9 anni, stavo andando a scuola…” proviene da Araberara.

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MediaTra i numerosi comuni della Valle Cavallina che il prossimo giugno saranno interessati dal rinnovo di sindaci e consiglieri comunali, c’è anche Vigano San Martino, dove si chiuderà il primo mandato di Alfredo Nicoli. La ricandidatura dell’attuale primo cittadino può essere data per contata.“Penso che mi ripresenterò – sottolinea il sindaco di Vigano – e in lista ci sarà buona parte degli attuali consiglieri, tranne un paio di persone che sono andate ad abitare via e che dovranno quindi essere sostituite. Per quanto riguarda invece la presenza di una possibile seconda lista alle prossime elezioni, ad oggi non mi risulta nulla. E questo è un peccato, perché sarebbe bello avere in Consiglio comunale un gruppo di minoranza”.In molti comuni, infatti, da alcuni anni manca una minoranza, perché alle elezioni amministrative si presenta una sola lista. Nella Media Valle Cavallina c’è un solo comune dotato di una minoranza consiliare, Borgo di Terzo, mentre gli altri quattro (Berzo San Fermo, Grone, Luzzana e, appunto, Vigano San Martino) ne sono privi da qualche anno.Alle elezioni del maggio 2019 la lista ‘Noi per Vigano’ aveva fatto una corsa in solitaria superando ampiamente il quorum del 50%. Nicoli era così diventato sindaco dopo alcuni anni di minoranza, prendendo il posto di Massimo Armati.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBRE L'articolo VIGANO SAN MARTINO – Nicoli, la terza corsia sulla SS42 e le elezioni: “Seconda lista? Sarebbe bello, ma…” proviene da Araberara.

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Mediadi Luca MarianiIl mercato è come fare l’amore: quello che conta è la posizione”. Il vocione di Paolo si diffonde in piazza Protezione Volontaria Civile ad Alzano Lombardo, rincorsa dalla sua risata chiassosa ed energica. “Qui è molto meglio”. Aggiunge l’ambulante appoggiato sul suo alto bancone di salumi e formaggi: “La settimana scorsa siamo andati alla grande. Oggi c’è un po’ meno gente, ma sicuramente di più rispetto a dove eravamo prima”.I capelli grigi di Paolo sono tagliati corti e uniformi. Seppur magro, il suo fisco è largo come le mani e il sorriso. Il suo fare esuberante e caciarone travolge anche il dirimpettaio discreto, paffuto e ordinato dentro la sua polo blu. “Sì. Il mercato qui è meglio: noi ambulanti siamo messi meglio”, spiega Angelo, appollaiato sullo sgabello che troneggia dietro al suo banchetto ricolmo di gomitoli di tessuto.Sono da poco passate le dieci. Il sole pallido illumina timido le auto che fanno a gara per accaparrarsi un posteggio davanti alle piscine, al palasport e sul lungo-Serio. I tavolini bianchi del bar vicino al Conad sono tutti gremiti di donne e uomini che parlare davanti alla tazzina in ceramica del caffè di metà mattina. È mercoledì 10 ottobre 2023. È la seconda occasione in cui il mercato settimanale di Alzano Lombardo si è trasferito nel nuovo parcheggio della Teb, abbandonando la tradizionale collocazione in via fratelli Valenti.Questo esperimento di sei mesi voluto dagli ambulanti e concesso dall’Amministrazione comunale piace molto anche a tre sorelle sorridenti e ben incamminate nella terza età: “Qui è più bello. È più spazioso. Il problema del parcheggio c’era già anche prima, quindi non cambia tanto”, esclama la sorella bionda con gli occhiali da sole. “Per aiutare gli anziani che abitano in centro bisognerebbe mettere un bus navetta come fanno a Torre Boldone, dove vivo io”.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo ALZANO LOMBARDO – Viaggio al ‘nuovo’ mercato, promosso, ma non da tutti: “Il mercato è come fare l’amore: quello che conta è la posizione” proviene da Araberara.

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Media“A Villa Jesus va tutto bene e la situazione è tranquilla, la casa che accoglie gli immigrati è  bella, il luogo anche e la popolazione locale dà volentieri una mano agli operatori che si occupano degli ospiti. Anche i profughi che erano stati spostati da un’altra sede della nostra cooperativa, quella di Romano di Lombardia, in seguito ad alcuni casi di intossicazione alimentare, fatto spiacevole ma non dipendente da noi (i pasti per gli immigrati  gestiti dalla cooperativa VersoProbo vengono preparati da una ditta milanese, n. d.r.) sono rientrati alla base. Del resto questo è precisamente il nostro compito, lavorare per la comunità che ci ospita, in accordo con le autorità del luogo e con chi ci mette a disposizione le strutture ricettive, senza tener conto delle illazioni e delle notizie diverse che alcuni giornali pubblicano solo per fare scalpore e che non giovano certo alla serenità dei nostri operatori”. Così il presidente della cooperativa VersoProbo, Islao Patriarca, che il 12 ottobre scorso ci ha risposto gentilissimo al telefono ma non ha risposto alla nostra domanda sul numero degli ospiti attuali di Villa Jesus:“Non ho il numero preciso, facciamo solo un controllo mensile, ma posso assicurare che si tratta del numero previsto dalla legge”.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo CASTIONE – La cooperativa VersoProbo a Villa Jesus “va tutto bene”, ma le informazioni raccolte dicono il contrario “A pasto poche farfalle in bianco, un cucchiaio di piselli e si dorme su materassi di fortuna…” proviene da Araberara.

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Media“Hoc erat in votis” direbbe Orazio, se il poeta latino oggi tifasse per Giorgia Meloni come per Mecenate ai suoi tempi, aderendo al potente di turno. Lo stesso Renato Santin, responsabile per il Sebino di Fratelli d’Italia, commentando il caso di cui parliamo tra poco, sottolinea l’aumento vertiginoso degli iscritti come fenomeno quasi naturale, vale a dire “la corsa a salire sul carro del vincitore”. Il vincitore è una vincitrice, i sondaggi, chi più chi meno, confermano il consolidamento del consenso a Giorgia Meloni.La notizia a Sarnico è che i due assessori di Forza Italia, Paola Plebani e Lorenzo Bellini hanno abbandonato Forza Italia e si sono iscritti a Fratelli d’Italia. E allora bisogna raccontare di nuovo i retroscena che hanno portato a questo colpo di scena, relativo, perché, come nella citazione latina, era quasi scontato.  Paola Plebani per un certo periodo era stata vissuta come la “delfina” del sindaco Giorgio Bertazzoli, anche per un patto che ci sarebbe stato al tempo dell’elezioni per la seconda volta del sindaco: un patto (non smentito) che dava come diritto di successione in capo a Forza Italia (al tempo, e sembra un’altra era, Fratelli d’Italia contava come il due di bastoni con briscola a coppe).Poi il patatrac delle elezioni regionali di questa primavera quando Bertazzoli si è presentato candidato per la Lega e ha chiesto ai suoi assessori e consiglieri di sostenerlo non solo personalmente, ma anche facendo debita propaganda tra amici e conoscenti. E la sua vicesindaca Plebani gli aveva promesso il sostegno.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo SARNICO – SCENARI ELETTORALI – I due assessori, Paola Plebani e Lorenzo Bellini da Forza Italia a Fratelli d’Italia. Renato Santin: “Molti nuovi iscritti. Terzo mandato? Non sono così ottimista” proviene da Araberara.

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<a href="https://www.araberara.it/wp-content/uploads/2023/10/IMG_5565a.jpg">Media</a><strong>Agostino Morandi*</strong>Attraverso un’attenta lettura di una quarantina di lettere che Virgilio Viganò ha inviato ad un amico e collaboratore in Valle di Scalve dal 1924 al 1928, si comprende come egli stesso e la sua famiglia debbano essere considerati in un certo senso, pure in contrasto con la pubblica opinione, danneggiati e vittime del drammatico evento. Un grande numero di queste missive è listato a lutto: segno evidente che conferma la partecipazione al dolore da parte della “fraterna Viganò”. Anche se generalmente si avalla in ogni circostanza la tesi della assoluta colpevolezza della ditta Viganò in merito allo scoppio della diga, non mancano tuttavia elementi che fanno ritenere che qualcuno, unitamente a strane coincidenze, abbia agito con il solo scopo di fomentare con ogni mezzo l’avversione nei confronti dei Viganò: tutto questo avrà poi un peso in occasione della condanna degli industriali cotonieri di Ponte Albiate.***I periti dei Viganò, gli ingegneri Baroni, Granzotto, Kambo e Marzoli, nel corso dello studio effettuato in preparazione del processo del 1924, affermano infatti, a pag. 59 della relazione: <em>«L’opinione pubblica, come accade sempre dopo il crollo di una grande opera aveva subito decisamente condannato progettisti e costruttori</em> (…). <em>I giudizi di pura impressione che sono in simili avvenimenti pronunciati facilmente anche da tecnici competenti</em> (cioè, i periti nominati dal tribunale, n.d.a.), <em>le testimonianze che spontaneamente sorgono dal pubblico clamore ed assumono aspetto di verità </em>(…) <em>avevano decisamente influenzato l’opinione pubblica verso la condanna di progettisti e costruttori».</em>Secondo gli esperti di parte dunque è possibile che tali condizioni abbiano <em>«esercitato la loro influenza sulla ricerche dei signori periti del Tribunale».</em> L’esame delle lettere di Virgilio Viganò, che nel 1918 succede al fratello Michelangelo nella direzione dei lavori della diga per conto della ditta «Galeazzo Viganò», invita ad una serie di considerazioni e riflessioni con le quali non si vuole offendere nessuno, tantomeno la memoria delle centinaia di vittime innocenti.***La prima lettera risale al <strong>18 dicembre 1924</strong>: «(…) <em>Io pure ho spedito L. 500 al Parroco di Dezzo per l’ufficio</em> (del primo anniversario n.d.r) <em>non sapendo cosa fare altro dato le continue ostilità e affronti fattimi. In quanto al desiderio che ritorni in Valle a ripristinare l’impianto non puoi dirlo a tutti che il mio più forte dolore (oltre quello delle povere vittime) è stato quello d’essermi visto così allontanare dalla Valle come un colpevole e senza cuore dando così man forte ai nostri nemici</em> (i grossi industriali danneggiati, n.d.r.) <em>per rovinarci completamente?</em> <em>Mentre s’io fossi rimasto in Valle anch’io come un danneggiato e vittima come tant’altri, quest’ora quanto si sarebbe fatto per soccorrere specialmente i piccoli danneggiati rimasti senza casa e senza aiuto. Non schiacciati sotto l’imposizione e la denuncia di responsabili e quindi sotto sequestro, avremmo avuto la possibilità di soccorrere i più bisognosi a quest’ora l’impianto (anche senza diga) sarebbe di nuovo funzionante e tutti i danari che si sarebbero incassati si sarebbero potuti distribuire ai danneggiati. Invece così tutto deperisce a danno di tutti</em>. (…) <em>Ma chi è alla testa per dirigere gli</em> <em>altri</em> (cioè, i piccoli danneggiati, n.d.r.), <em>se invece di volerci strappare per forza l’avere della nostra ditta come a dei colpevoli che devono pagare per essere condannati (…)».</em>SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo <a href="https://www.araberara.it/val-di-scalve-storia-di-un-disastro-annunciato-7-ma-fu-vera-colpa-la-drammatica-testimonianza-di-virgilio-vigano-nel-carteggio-inedito-1924-1928/">VAL DI SCALVE – STORIA DI UN DISASTRO ANNUNCIATO/7 – Ma fu vera colpa? La drammatica testimonianza di Virgilio Viganò…
Media“In Christo requiescunt et dormiunt in somno pacis”. Una frase solenne in lingua latina accoglie i visitatori del cimitero di Casazza (del resto, una lingua morta può essere l’ideale per il luogo in cui riposano i defunti). Un luogo silenzioso che si trova nel mezzo ad altri luoghi rumorosi e gioiosi, come la piazza del mercato, le scuole e il centro sportivo.Tradotta in italiano, la frase recita: “In Cristo riposano e dormono nel sonno della pace”. Una frase di speranza, ma a leggerla viene un dubbio: ma l’aldilà è un luogo in cui si dorme in eterno? Non è proprio il massimo. Semmai, per le persone che abbiamo amato e che abbiamo perso, dovremmo sperare che si trovino in un luogo in cui vivono in eterno, ma standosene svegli!È infatti difficile immaginare Luigino ‘Gino’ Sertori mentre riposa in eterno. Nella foto che lo immortala appare felice mentre dipinge, in mano ha un pennello e indossa un camice bianco, dello stesso colore dei suoi capelli, lunghi e vaporosi, un po’ come quelli di pittori d’altri tempi.Delle passioni che hanno arricchito la sua lunga vita, la pittura merita un posto d’onore. Gino amava dipingere e rappresentare la sua arte ovunque; poteva trattarsi di un quadro, di una chiesa o della vetrina di un negozio. La pittura ce l’aveva nel sangue, tanto che ce lo immaginiamo mentre sta dipingendo panorami che noi viventi non possiamo (ancora) vedere. Accanto alla sua foto c’è un’immagina mariana da lui dipinta, il volto dell’Addolorata. Sul velo della Madonna c’è l’inconfondibile firma di Gino: “Sertori G.”. E chissà che magari Gino sia riuscito a fare un altro ritratto alla Madonna, prendendo magari come modello quella vera.È difficile immaginare dormiente in eterno anche un altro ospite del cimitero di Casazza, Dino Pagliani. La sua passione era la montagna dove, armato di piccozza e scarponi, si recava spesso e, camminando e scalando, conquistava la cima. Sulla sua lapide, insieme alla foto che lo ritrae mentre si faceva un selfie, ce n’è una molto più grande che lo immortala mentre sta raggiungendo sulla vetta una croce in metallo. 14 mesi fa, però, è stata proprio la sua amata montagna a tradirlo. Anche lui è facile immaginarselo mentre ammira ancora le sue montagne, ma stavolta le guarda da molto più in alto.Se la passione di Gino era la pittura e quella di Dino la montagna, Guerino Pezzali andava pazzo per la musica. Eccolo orgoglioso con il suo basso tuba, che lui portava in giro con l’Ape quando doveva andare a un concerto del Corpo Musicale di Casazza. Sì, perché lui era una delle colonne storiche della banda che l’anno scorso ha compiuto i suoi primi 100 anni. Guerino, con i suoi caratteristici baffi bianchi, era un uomo simpaticissimo, che amava raccontare storie ai più giovani e farsi grasse risate.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo SPOON RIVER – Nel cimitero di Casazza: Dino e le sue montagne, Gino e la pittura, Guerino e la musica, i giovani e il loro sorriso proviene da Araberara.

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MediaAdrianna Dentella dovrebbe dire basta dopo anni di guida amministrativa a Colzate e godersi finalmente il meritato riposo dopo una vita spesa tra amministrazione e scuola. Il suo posto dovrebbe prenderlo l’attuale vicesindaco Massimo Ongaro, classe 1972. Insomma, i giochi per le prossime elezioni amministrative sono cominciati.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo COLZATE – Adriana Dentella dovrebbe cedere il testimone a Massimo Ongaro proviene da Araberara.

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MediaAncora sanzioni, e anche piuttosto salate, per chi abbandona i rifiuti per strada. Nei giorni scorsi a riceverla è stata una ragazza che in zona Fosio aveva lasciato plastica, carta, secco residuo alla luce del sole. Da luglio, quando è stata introdotta la raccolta puntuale, ad oggi sono stati comminati 13 verbali per un totale di 2821 euro.“Non possiamo permetterci questo tipo di episodi sul nostro territorio – spiega il sindaco Francesco Michelianche perché stiamo lavorando per dare a Villongo un volto ordinato e curato grazie anche alle manutenzioni che si stanno susseguendo in questi mesi. E questo è un atteggiamento poco comprensibile se consideriamo sia l’alta efficienza del sistema di raccolta rifiuti introdotto in estate sia il fatto che il nostro centro raccolta rifiuti è aperto tutta settimana”.E in questi mesi il lavoro della Polizia Locale si è intensificato: “Se da una parte la raccolta puntuale è stata ben accolta dalla popolazione grazie al lavoro del consigliere Luigi Alberti, d’altra parte siamo costretti a monitorare in maniera attenta gli atteggiamenti poco consoni che qualche volta si registrano in paese.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo VILLONGO – Pioggia di sanzioni per i rifiuti abbandonati, da luglio raccolti 2.821 euro. In piazza lavori per la sede operativa degli Alpini proviene da Araberara.

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MediaLuca Mariani“Certo non stata felice di questa prova, anche se ho scoperto di essere più forte di quello che credevo. Mia mamma per prima mi ha detto: “non pensavo avresti tirato fuori questa grinta e questo coraggio per affrontare questa malattia.””.  Sara Ghilardi a dicembre compirà 52 anni. Ad inizio ottobre 2017 le è stato diagnosticato un tumore al seno. «Mi è preso un colpo perché non ero preparata. A maggio avevo fatto ecografia e mammografia e andava tutto bene. Quindi ho pensato che il tumore fosse all’inizio e con un piccolo intervento si sarebbe risolto. Invece quando mi hanno parlato di mastectomia mi è crollato il mondo addosso. Anche perché all’epoca avevo mio figlio Matteo di 18 anni e mia figlia Giulia di 13. Ho pensato a loro. Tutti sanno che non sono coraggiosa e quindi mi preoccupavo di come affrontare tutta questa vicenda.»È una sera di luglio quando Sara si accorge di qualcosa di strano. Sta facendo la doccia e nel seno destro sente un piccolo nodulo. «Lì per lì non ci ho dato tanto peso.» Racconta la donna di Nembro: «Però nei giorni successivi continuavo a sentirlo quindi sono andata dal mio medico di base che mi ha prescritto un’ecografia di controllo. Io ero tranquilla perché due mesi prima avevo fatto ecografia e mammografia ed era tutto a posto. Invece quando ho fatto l’ecografia di controllo ho visto subito che la dottoressa ha cambiato espressione ed ha iniziato a farmi una serie di domande. Perciò dopo ho fatto una biopsia. Quando sono arrivata ad inizio ottobre a ritirare gli esiti di questa biopsia che era negativa, fortunatamente c’era il primario di Seriate il dottor Gervasi. Ha voluto ripetere l’ecografia. Poi mi ha chiesto se potessi fermarmi alla fine delle visite per ripetere la biopsia. Due settimane dopo mi ha consegnato l’esito: avevo un tumore al seno. Era venerdì 13 ottobre 2017».Assieme a lei c’è suo marito Danilo. Per lui questa notizia è doppiamente dura: «Sua sorella già da anni stava lottando contro un tumore al seno. Quando mi sono ammalata io, lei ha avuto un riacutizzarsi della malattia ed è mancata ad aprile 2018. Per lui è stata molto difficile perché aveva la moglie e la sorella malata».La notizia del tumore al seno scuote tutta la famiglia di Sara. «Anche per i miei figli è stata dura. Giulia la piccola ha reagito piangendo. Matteo, il più grande, invece mi ha chiesto più dettagli relativi all’intervento e se ero malata come la zia.» La stessa scossa traumatica turba anche i genitori della donna nembrese: «Indipendentemente dall’età per un genitore vedere un figlio malato è sempre dura. Preferiamo stare male noi, l’importante è che stiano bene i nostri figli.»SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo NEMBRO – Sara, quel nodulo al seno scoperto sotto la doccia: “Il tumore, i miei due figli, mio marito che aveva già la sorella malata, la forza delle mie amiche, una strada in salita ma ho imparato tante cose…” proviene da Araberara.

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MediaDiego lo incontravi in paese, il sorriso non gli mancava mai, neanche negli ultimi mesi, da quando era sulla sedia a rotelle, spinta da sua moglie Giulia e magari accompagnati dal loro piccolo Carlo Emidio, che al papà assomiglia in modo impressionante. Loro tre, nella loro Selvino. Diego tre anni fa aveva sentito le prime avvisaglie della Sla, che non gli ha più concesso tregua. Ma anche lui tregua non se l’è data, ha vissuto ogni giorno allo stesso modo di prima, con la stessa passione per tutto quello che faceva, che amava. Lui che aveva chiamato suo figlio con il nome del nonno che se ne era andato anche lui troppo presto, lui che come tanti selvinesi aveva un passato nelle fila dello Sci Club del paese, lui che aveva giocato a calcio nella Nuova Selvino, lui che a 26 anni era diventato sindaco, animato da una passione infinita per il proprio paese.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo SELVINO – Diego Bertocchi, Giulia e il piccolo Carlo e la sua Selvino proviene da Araberara.

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MediaDa Nico a Gioele. Anche quest’anno si è rinnovato l’appuntamento con l’elezione del consiglio comunale dei ragazzi alla scuola Primaria di Cerete. Gioele, di cognome Bonaldi, ha indossato la fascia tricolore e insieme a lui ci saranno sei consiglieri, Pietro Bertolazzi, Alessia Stabilini, Cristian Ferri, Anna Cerea, Samir Hashim e Lorenzo Biffi.L’INTERVISTA – Gioele: “Mi piace la matematica, ma da grande sogno di diventare un campione di atletica”Gioele Bonaldi frequenta la quinta elementare ed è il nuovo sindaco dei ragazzi. Il suo programma elettorale era basato sullo sport e non poteva essere altrimenti: “Sono uno sportivo e amo molto lo sport – spiega -, pratico atletica da tre anni nel Pool Società atletica Valle Seriana, mi piace molto nuotare e tutti i giorni uso il mio waveboard skate nella pista di pump track del parco dello sport di Cerete Alto”.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo CERETE – I magnifici sette del consiglio comunale dei ragazzi: Gioele è il nuovo sindaco proviene da Araberara.

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MediaSabato 21 ottobre 2023 alle ore 15 viene inaugurata la nuova sede della Croce Rossa Alta Val Seriana. Infatti, la Sede territoriale di Ponte Nossa, che è parte del Comitato Bergamo Hinterland della Croce Rossa Italiana, serve 25 comuni di una vasta area, dal Ponte del Costone al Passo di Zambla, da Valbondione al Passo della Presolana, passando dalla Val Borlezza fino a Rogno.All’evento di inaugurazione sono stati invitati tutti i Sindaci dei Comuni serviti, i Presidenti delle due Comunità Montane – Valle Seriana e Laghi Bergamaschi, i Gal Valle Seriana e Gal dei Laghi Bergamaschi.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo PONTE NOSSA – La Croce Rossa trova una nuova “casa” “serve” 25 Comuni da Nossa a Rogno proviene da Araberara.

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MediaIl gruppo alpini di Bossico ha festeggiato il presidente emerito Francesco Schiavi per il 90 esimo compleanno. Francesco e la compianta moglie Domenica sono un modello di altruismo e impegno nel sociale, a Bossico e fuori dal nostro paese, da cui prendere esempio.A Francesco i sinceri auguri di tutti i bossichesiMarcello Barcellini SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo BOSSICO – I 90 anni del presidente emerito degli alpini Francesco Schiavi proviene da Araberara.

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MediaTanta carne al fuoco. Alex Pennacchio è in Comune, 9 del mattino, tra un’ora e l’altra a scuola, dove insegna Inglese: “Ne approfitto per sistemare un po’ di cose – commenta – abbiamo parecchi cantieri in ballo da qui a fine mandato e non possiamo perdere tempo. Intanto a breve partono i lavori su Via Provinciale e sull’area Cornasola, area a rischio idrogeologico, una zona molto fragile per un lavoro molto delicato ma necessario. Un lavoro impegnativo anche economicamente, si tratta di due milioni di euro di lavori tutti a carico di Regione Lombardia, siamo riusciti ad ottenere un finanziamento a fondo perduto”. Tempi? “Dovremmo partire entro la fine dell’anno e riuscire cosi finalmente a mettere in sicurezza un’area fragile che negli ultimi tempi ha avuto ancora cedimenti e che stiamo monitorando da parecchio tempo. I cedimenti non si arrestano e quindi bisogna intervenire urgentemente”.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 20 OTTOBREL'articolo LOVERE – Alex Pennacchio e il rush di fine mandato: “Area Cornasola: al via 2 milioni di euro di lavori. Piazzale Bonomelli: si comincia nel 2024, ecco cosa faremo…”. E poi… proviene da Araberara.

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