L’Italia industriale: dalla quinta elementare alla quarta potenza mondiale. E oggi?
C’è stato un tempo, neanche troppo lontano, in cui l’Italia risorgeva dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale senza lauree, senza MBA, senza manager formati alla Bocconi o in America. Gli operai, gli artigiani, gli imprenditori che hanno costruito la rivoluzione industriale italiana spesso avevano come titolo di studio la quinta elementare. Eppure, con mani sporche di grasso e idee chiare, hanno creato distretti industriali, marchi diventati icone mondiali, prodotti che ancora oggi ci invidiano in tutto il mondo.
Nel 1994, l’Italia era la quarta potenza industriale del pianeta. Dietro a quel traguardo non c’erano algoritmi o fondi speculativi, ma persone che conoscevano il valore del lavoro, della responsabilità e del bene comune. Non c’era bisogno di parlare di “sostenibilità” o “etica aziendale” per giustificare ogni decisione: c’era un’etica implicita, concreta, radicata nella fatica quotidiana.
Oggi, a distanza di decenni, il paradosso è evidente: il sistema industriale italiano è in declino, eppure è guidato da una generazione di laureati a pieni voti. Curriculum impeccabili, conoscenze teoriche raffinate, inglese fluente. E allora viene da chiedersi: che cosa stanno insegnando nelle scuole e nelle università italiane?
Come può essere che con più titoli, più tecnologia, più finanza e più connessioni internazionali, il tessuto produttivo del Paese stia crollando? Che fine ha fatto la manifattura d’eccellenza, l’impresa familiare che investiva nel territorio, l’operaio specializzato che era l’orgoglio della fabbrica?
La risposta è scomoda: è cambiato il modello, non solo economico ma culturale. È scomparsa la morale, il senso del limite, la visione a lungo termine. Al suo posto si è imposta la corsa al profitto immediato, alla delocalizzazione selvaggia, al culto dell’apparenza e dei numeri da mostrare in PowerPoint. Un capitalismo senz’anima che distrugge valore mentre finge di crearlo.
Oggi nelle università si parla di business plan, di start-up, di globalizzazione. Ma chi forma ancora un giovane a prendersi cura di un’impresa, di una comunità, di una storia produttiva? Dove si insegna il rispetto per il lavoro concreto, per il territorio, per le persone?
La verità è che abbiamo smesso di costruire, di inventare, di sporcarci le mani. Abbiamo sostituito la sostanza con la forma, l’identità con la performance. E il risultato è un’Italia che ha smarrito se stessa.
Forse è tempo di tornare a chiedersi non solo quanto hai studiato, ma cosa sai fare, cosa vuoi costruire, e per chi. Perché la vera eccellenza non nasce nei grattacieli della finanza, ma nelle officine, nei laboratori, nelle botteghe. Dove un tempo bastava la quinta elementare per cambiare il mondo.
https://t.me/informazioneitali
#cristianofazzini
C’è stato un tempo, neanche troppo lontano, in cui l’Italia risorgeva dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale senza lauree, senza MBA, senza manager formati alla Bocconi o in America. Gli operai, gli artigiani, gli imprenditori che hanno costruito la rivoluzione industriale italiana spesso avevano come titolo di studio la quinta elementare. Eppure, con mani sporche di grasso e idee chiare, hanno creato distretti industriali, marchi diventati icone mondiali, prodotti che ancora oggi ci invidiano in tutto il mondo.
Nel 1994, l’Italia era la quarta potenza industriale del pianeta. Dietro a quel traguardo non c’erano algoritmi o fondi speculativi, ma persone che conoscevano il valore del lavoro, della responsabilità e del bene comune. Non c’era bisogno di parlare di “sostenibilità” o “etica aziendale” per giustificare ogni decisione: c’era un’etica implicita, concreta, radicata nella fatica quotidiana.
Oggi, a distanza di decenni, il paradosso è evidente: il sistema industriale italiano è in declino, eppure è guidato da una generazione di laureati a pieni voti. Curriculum impeccabili, conoscenze teoriche raffinate, inglese fluente. E allora viene da chiedersi: che cosa stanno insegnando nelle scuole e nelle università italiane?
Come può essere che con più titoli, più tecnologia, più finanza e più connessioni internazionali, il tessuto produttivo del Paese stia crollando? Che fine ha fatto la manifattura d’eccellenza, l’impresa familiare che investiva nel territorio, l’operaio specializzato che era l’orgoglio della fabbrica?
La risposta è scomoda: è cambiato il modello, non solo economico ma culturale. È scomparsa la morale, il senso del limite, la visione a lungo termine. Al suo posto si è imposta la corsa al profitto immediato, alla delocalizzazione selvaggia, al culto dell’apparenza e dei numeri da mostrare in PowerPoint. Un capitalismo senz’anima che distrugge valore mentre finge di crearlo.
Oggi nelle università si parla di business plan, di start-up, di globalizzazione. Ma chi forma ancora un giovane a prendersi cura di un’impresa, di una comunità, di una storia produttiva? Dove si insegna il rispetto per il lavoro concreto, per il territorio, per le persone?
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Forwarded from Giulietto Chiesa Real
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https://www.9mq.it/2024/08/02/legge-119-2017-sostanze-pericolose-nei-vaccini-pediatrici-obbligatori/
*Legge 119/2017: Sostanze pericolose nei vaccini pediatrici obbligatori*
Non esistono dubbi riguardo alla presenza di sostanze pericolose nei vaccini pediatrici e la loro stretta correlazione con gravi effetti collaterali. Una nauseante dottrina, imposta con inammissibile violenza, rappresenta i vaccini come innocui, utili ed efficaci, denigrando chiunque possa dubitarne...
*Legge 119/2017: Sostanze pericolose nei vaccini pediatrici obbligatori*
Non esistono dubbi riguardo alla presenza di sostanze pericolose nei vaccini pediatrici e la loro stretta correlazione con gravi effetti collaterali. Una nauseante dottrina, imposta con inammissibile violenza, rappresenta i vaccini come innocui, utili ed efficaci, denigrando chiunque possa dubitarne...
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Sostanze pericolose nei vaccini pediatrici | 9MQ WEB TV
Non esistono dubbi riguardo la presenza di sostanze pericolose nei vaccini pediatrici obbligatori e la loro stretta correlazione con gravi effetti collaterali.
Forwarded from Canale CBN
In questo numero di giugno, abbiamo deciso di dedicare la nostra attenzione ai classici della letteratura, in particolare al romanziere visionario JELES VERNE che ha condizionato la scienza con le sue intuizioni . Cosa aspetti? Unisciti a noi e immergiti nel mondo dei libri! Clicca su questo link per leggere il nuovo numero:
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Forwarded from 9MQ Web TV (Cristiano Fazzini)
L’Italia industriale: dalla quinta elementare alla quarta potenza mondiale. E oggi?
C’è stato un tempo, neanche troppo lontano, in cui l’Italia risorgeva dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale senza lauree, senza MBA, senza manager formati alla Bocconi o in America. Gli operai, gli artigiani, gli imprenditori che hanno costruito la rivoluzione industriale italiana spesso avevano come titolo di studio la quinta elementare. Eppure, con mani sporche di grasso e idee chiare, hanno creato distretti industriali, marchi diventati icone mondiali, prodotti che ancora oggi ci invidiano in tutto il mondo.
Nel 1994, l’Italia era la quarta potenza industriale del pianeta. Dietro a quel traguardo non c’erano algoritmi o fondi speculativi, ma persone che conoscevano il valore del lavoro, della responsabilità e del bene comune. Non c’era bisogno di parlare di “sostenibilità” o “etica aziendale” per giustificare ogni decisione: c’era un’etica implicita, concreta, radicata nella fatica quotidiana.
Oggi, a distanza di decenni, il paradosso è evidente: il sistema industriale italiano è in declino, eppure è guidato da una generazione di laureati a pieni voti. Curriculum impeccabili, conoscenze teoriche raffinate, inglese fluente. E allora viene da chiedersi: che cosa stanno insegnando nelle scuole e nelle università italiane?
Come può essere che con più titoli, più tecnologia, più finanza e più connessioni internazionali, il tessuto produttivo del Paese stia crollando? Che fine ha fatto la manifattura d’eccellenza, l’impresa familiare che investiva nel territorio, l’operaio specializzato che era l’orgoglio della fabbrica?
La risposta è scomoda: è cambiato il modello, non solo economico ma culturale. È scomparsa la morale, il senso del limite, la visione a lungo termine. Al suo posto si è imposta la corsa al profitto immediato, alla delocalizzazione selvaggia, al culto dell’apparenza e dei numeri da mostrare in PowerPoint. Un capitalismo senz’anima che distrugge valore mentre finge di crearlo.
Oggi nelle università si parla di business plan, di start-up, di globalizzazione. Ma chi forma ancora un giovane a prendersi cura di un’impresa, di una comunità, di una storia produttiva? Dove si insegna il rispetto per il lavoro concreto, per il territorio, per le persone?
La verità è che abbiamo smesso di costruire, di inventare, di sporcarci le mani. Abbiamo sostituito la sostanza con la forma, l’identità con la performance. E il risultato è un’Italia che ha smarrito se stessa.
Forse è tempo di tornare a chiedersi non solo quanto hai studiato, ma cosa sai fare, cosa vuoi costruire, e per chi. Perché la vera eccellenza non nasce nei grattacieli della finanza, ma nelle officine, nei laboratori, nelle botteghe. Dove un tempo bastava la quinta elementare per cambiare il mondo.
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Nel 1994, l’Italia era la quarta potenza industriale del pianeta. Dietro a quel traguardo non c’erano algoritmi o fondi speculativi, ma persone che conoscevano il valore del lavoro, della responsabilità e del bene comune. Non c’era bisogno di parlare di “sostenibilità” o “etica aziendale” per giustificare ogni decisione: c’era un’etica implicita, concreta, radicata nella fatica quotidiana.
Oggi, a distanza di decenni, il paradosso è evidente: il sistema industriale italiano è in declino, eppure è guidato da una generazione di laureati a pieni voti. Curriculum impeccabili, conoscenze teoriche raffinate, inglese fluente. E allora viene da chiedersi: che cosa stanno insegnando nelle scuole e nelle università italiane?
Come può essere che con più titoli, più tecnologia, più finanza e più connessioni internazionali, il tessuto produttivo del Paese stia crollando? Che fine ha fatto la manifattura d’eccellenza, l’impresa familiare che investiva nel territorio, l’operaio specializzato che era l’orgoglio della fabbrica?
La risposta è scomoda: è cambiato il modello, non solo economico ma culturale. È scomparsa la morale, il senso del limite, la visione a lungo termine. Al suo posto si è imposta la corsa al profitto immediato, alla delocalizzazione selvaggia, al culto dell’apparenza e dei numeri da mostrare in PowerPoint. Un capitalismo senz’anima che distrugge valore mentre finge di crearlo.
Oggi nelle università si parla di business plan, di start-up, di globalizzazione. Ma chi forma ancora un giovane a prendersi cura di un’impresa, di una comunità, di una storia produttiva? Dove si insegna il rispetto per il lavoro concreto, per il territorio, per le persone?
La verità è che abbiamo smesso di costruire, di inventare, di sporcarci le mani. Abbiamo sostituito la sostanza con la forma, l’identità con la performance. E il risultato è un’Italia che ha smarrito se stessa.
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⚠️ DAI CONTI IN ORDINE AI CARRI ARMATI: I 'FRUGALI UE SCOPRONO IL RIARMO❗️
Pino Cabras
⏹️ Dietro la retorica del bilancio in ordine, i Paesi dell'Europa settentrionale che dividevano gli Stati del continente in “nordici” e “sudici” mascheravano i loro giganteschi debiti privati, scaricando le crisi bancarie interne sull’intero sistema europeo.
🔸️ Le loro banche erano esposte fino al collo con crediti tossici e bolle speculative, ma non ci fu alcun processo di autocritica o di riequilibrio. Anzi: approfittarono della tempesta per fare shopping di asset pubblici nel Sud Europa, per imporre modelli di welfare ultra-minimale, e per far pagare ai lavoratori italiani, greci, portoghesi e spagnoli la stabilità apparente del Nord.
🔸️ Il debito pubblico veniva usato come clava morale, mentre il debito privato, molto più pericoloso, veniva ignorato, occultato o assorbito sotto silenzio. Anche allora facevano i propri interessi, a spese di altri.
🔸️ La stessa Europa che predicava la riduzione della spesa pubblica come totem intoccabile ora si apre senza pudore a un’espansione massiccia della spesa militare. E lo fa senza chiedere permesso, senza un passaggio democratico, senza un’autocritica sulle devastazioni sociali provocate dal precedente dogma.
Continua ⤵️
Riassunto punti salienti
🔴 LIBERTÀ E DEMOCRAZIA
👉 Canale Libertà e democrazia
👉 @liberademocrazia
Pino Cabras
⏹️ Dietro la retorica del bilancio in ordine, i Paesi dell'Europa settentrionale che dividevano gli Stati del continente in “nordici” e “sudici” mascheravano i loro giganteschi debiti privati, scaricando le crisi bancarie interne sull’intero sistema europeo.
🔸️ Le loro banche erano esposte fino al collo con crediti tossici e bolle speculative, ma non ci fu alcun processo di autocritica o di riequilibrio. Anzi: approfittarono della tempesta per fare shopping di asset pubblici nel Sud Europa, per imporre modelli di welfare ultra-minimale, e per far pagare ai lavoratori italiani, greci, portoghesi e spagnoli la stabilità apparente del Nord.
🔸️ Il debito pubblico veniva usato come clava morale, mentre il debito privato, molto più pericoloso, veniva ignorato, occultato o assorbito sotto silenzio. Anche allora facevano i propri interessi, a spese di altri.
🔸️ La stessa Europa che predicava la riduzione della spesa pubblica come totem intoccabile ora si apre senza pudore a un’espansione massiccia della spesa militare. E lo fa senza chiedere permesso, senza un passaggio democratico, senza un’autocritica sulle devastazioni sociali provocate dal precedente dogma.
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DAI CONTI IN ORDINE AI CARRI ARMATI: I 'FRUGALI UE SCOPRONO IL RIARMO
⏹️ Dietro la retorica del bilancio in ordine, i Paesi dell'Europa settentrionale che dividevano gli Stati del continente in “nordici” e “sudici” mascheravano i loro giganteschi debiti privati, scaricando le crisi bancarie interne sull’intero sistema europeo.…
Forwarded from LEGGE 219/2017 CONSENSO INFORMATO (Anna Bo)
"Una proposta dal forte impatto arriva dal consigliere regionale abruzzese Gianpaolo Lugini, esponente del gruppo consiliare Marsilio Presidente. Lugini chiede l’istituzione di uno screening sanitario mirato per i cittadini vaccinati contro il COVID-19. Al centro della richiesta, la volontà di fare chiarezza su eventuali effetti avversi a lungo termine collegati alla somministrazione dei vaccini a mRNA."
https://www.ilgiornaleditalia.it/news/politica/711491/abruzzo-consigliere-luigini-chiede-screening-gratuiti-per-vaccinati-covid-dubbi-legittimi-su-sicurezza-del-siero-e-su-effetti-avversi.html
https://www.ilgiornaleditalia.it/news/politica/711491/abruzzo-consigliere-luigini-chiede-screening-gratuiti-per-vaccinati-covid-dubbi-legittimi-su-sicurezza-del-siero-e-su-effetti-avversi.html
Forwarded from Pietro Minute (canale)
Il popolo italiano non sta a guardare. Il popolo italiano si schiera senza esitazioni con la Palestina, contro l’occupazione, contro il genocidio, contro l’impunità del perfido stato illegittimo di Israele.
Il terrorista Netanyahu e il suo governo di assassini di bambini rappresentano oppressione, morte e devastazione e deve essere punito in maniera assoluta, decisa, e definitiva.
condividete e iscrivetevi al canale
https://t.me/pietro_Minute01
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Telegram
Pietro Minute (canale)
Canale ufficiale di divulgazione nell'ambito geopolitico, economico, sociale e non solo di Pietro Minute: studente
Non sono responsabile per i commenti che verranno scritti o detti nei miei post. Vietati insulti, minacce e intimidazioni
18 anni
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COMUNICAZIONE DI SERVIZIO
STANNO UTILIZZANDO IL LOGO DI 9MQ 😡😡😡😡😡😡😡😡
9MQ NON HA MAI SPONSORIZZATO
NESSUNA PIATTAFORMA DI QUESTO TIPO ‼️‼️‼️‼️‼️‼️
PRESTATE MASSIMA ATTENZIONE DOVESSERO COMPARIRE NUOVAMENTE ANNUNCI DI QUESTO TIPO NON SIAMO NOI‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️
NEL FRATTEMPO 9MQ ANDRÀ PER VIE LEGALI ‼️‼️‼️‼️‼️‼️
LO STAFF DI 9MQ
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Forwarded from Paolo Sensini - Canale Ufficiale (Paolo Sensini)
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⚠️ TRA L'EUROPA E GLI STATI UNITI C'È UN'INSOSTENIBILE DIVERGENZA❗️
Mauro Magatti
⏹️ Sull’intelligenza artificiale gli Stati Uniti hanno decisamente preso la strada della piena liberalizzazione e deregolamentazione. Mentre qualche giorno fa, a Parigi, sulla linea del regolamento Ai già approvato nel 2024, è stata lanciata la strategia europea per una intelligenza artificiale “umanistica”.
🔸️ In campo ambientale, gli Stati Uniti hanno deciso di uscire dagli accordi di Parigi, abbracciando le tesi dei negazionisti. L’Europa, al contrario, dopo il New green deal, continua a credere che la sostenibilità debba rimanere centrale, pur con qualche correzione rispetto alle posizioni degli ultimi anni (vedi la decisione di ammettere le macchine ibride anche dopo il 2035).
🔸️ Sull’Ucraina Trump ha avviato una trattativa diretta con Putin, saltando completamente le consultazioni con gli alleati europei. La Ue è rimasta spiazzata, ritrovandosi isolata sul piano internazionale.
🔸️ Così come sono state diverse le posizioni nei confronti di Israele e della Palestina. Già nei mesi scorsi le differenze di valutazione tra Usa e Ue erano state evidenti. Ma ora la distanza è ulteriormente cresciuta, dopo l’ipotesi lanciata da Trump che Gaza possa passare sotto il controllo americano.
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Mauro Magatti
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🔸️ In campo ambientale, gli Stati Uniti hanno deciso di uscire dagli accordi di Parigi, abbracciando le tesi dei negazionisti. L’Europa, al contrario, dopo il New green deal, continua a credere che la sostenibilità debba rimanere centrale, pur con qualche correzione rispetto alle posizioni degli ultimi anni (vedi la decisione di ammettere le macchine ibride anche dopo il 2035).
🔸️ Sull’Ucraina Trump ha avviato una trattativa diretta con Putin, saltando completamente le consultazioni con gli alleati europei. La Ue è rimasta spiazzata, ritrovandosi isolata sul piano internazionale.
🔸️ Così come sono state diverse le posizioni nei confronti di Israele e della Palestina. Già nei mesi scorsi le differenze di valutazione tra Usa e Ue erano state evidenti. Ma ora la distanza è ulteriormente cresciuta, dopo l’ipotesi lanciata da Trump che Gaza possa passare sotto il controllo americano.
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TRA L'EUROPA E GLI STATI UNITI C'È UN'INSOSTENIBILE DIVERGENZA
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