MediaLe elezioni si avvicinano, i candidati regionali sparano le ultime cartucce, gli incontri si intensificano, e mentre si va a caccia di voti, noi pubblichiamo la scheda elettorale che riguarda la nostra provincia, si può fare il voto disgiunto, nel senso che si può dare la preferenza a un candidato consigliere ma votare anche un candidato presidente che non guida la coalizione del candidato consigliere scelto.L'articolo Ecco il fac simile per votare alle elezioni regionali proviene da Araberara.
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MediaNello scenario di “Bergamo Brescia capitale italiana della cultura 2023” la fashion designer Maria Santovito, alias Mary San e il partner Soulemane Keita cotitolari di SK&MS Design, già producer del cortometraggio “Fashion & Wine Kermesse” per la regia di Ivan Turra ambientato nello splendido territorio della Valle Cavallina, in qualità di Partner e “Inviati Speciali per le Relazioni Istituzionali” di “AFRICA PREMIUM AWARD 2023” nell’ottica di qualificare i territori attraverso la valorizzazione dei talenti emergenti, presentano con entusiasmo la talentuosa cantante italiana di origini ivoriane Amy Diaby in arte “Aamirah” residente a Bergamo.Aamirah, con il manager Mohamed Bamba, è detentrice del riconoscimento “Afro Oscar” quale talento emergente “musica afro in Italia”, conferitole alla sesta edizione del Gran Gala AFRICA PREMIUM AWARD 2023, evento ideato dal Founder Sai Hugues Bernabé con lo scopo di promuovere il ricco patrimonio culturale della Costa d’Avorio attraverso la premiazione di talenti emergenti africani che hanno brillato per la loro eccellenza sul territorio italiano, nonché realtà italiane che si sono distinte con la propria opera in favore della Diaspora ivoriana. L’evento è stato presentato dall’affascinante Patty Bayoro in outfit dorato by SK&MS, affiancata da Marco Prada e Lath Akpa Roger.Aamirah scopre l’innata passione per la musica sui banchi di scuola durante un evento di fine anno; nel 2014 comincia a postare delle cover online e proprio grazie ai social nel 2019 entra in contatto con la “Shelby Production” di Copenaghen, Danimarca, con la quale collabora attualmente.Nel 2022 Aamirah brilla in tutto il suo splendore: nel febbraio ’22 riceve il premio come migliore rivelazione della Diaspora, nel giugno ’22 partecipa al Festival musicale DOREMIFASUD 2022 – Contaminazioni culturali e si classifica al 1° posto nella sezione “talenti emergenti”; sempre nel mese di giugno esce il suo primo singolo intitolato: “lentamente”; nel dicembre 2022 il brano: “Lumière”.Aamirah, grintosa autrice dalla voce prorompente, ritiene che sia importante far conoscere e consolidare in Italia questo stile musicale che sta prendendo sempre più piede in Europa in quanto migliaia di giovani ne rimangono estasiati: una musica che arriva dritta al cuore! Del resto…..la canzone è poesia a cielo aperto.L'articolo Aamirah, giovane talento della musica afro proviene da Araberara.
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MediaLo sci è una danza e la montagna è il tuo partner. Così è stato per Cristina Radici, poi è arrivato Luca (Percassi) e lo sci si è fatto da parte. Ma non la montagna, che resta nel cuore e nei progetti di Cristina. Martedì mattina di fine gennaio, Cristina Radici va di corsa, verso mille cose da fare, come sempre.Un passato da sciatrice, un cognome ‘importante’, un altro altrettanto importante acquisito per amore, un presente da imprenditrice e un futuro tutto da scrivere.Figlia di Angelo Radici, nipote di Luciana e Gianni Radici, l’impero del tessile e la culla che ha dato lavoro a mezza Val Seriana, sposata con Luca Percassi, figlio di Antonio, presidente dell’Atalanta, cresciuta a Leffe.Cominciamo: “Fino a 19 anni ho sciato a livello agonistico e mi sono presa delle belle soddisfazioni, poi la mia via ha preso un’altra piega, dovevo studiare, mi sono laureata in Economia a Bergamo e a 25 anni sono diventata mamma di Giovanni; quindi, lo sci l’ho messo da parte”. Dopo Giovanni sono arrivati Alessandro e Angelo.Ma facciamo un salto indietro: “Luca l’ho conosciuto al Liceo, avevo 16 anni e avevamo cominciato a frequentarci, poi ci siamo persi di vista quando è partito per Londra per giocare nel Chelsea, e così la nostra storia è rimasta in una nuvola per un po’ di tempo. Ci siamo rincontrati un anno e mezzo dopo, e abbiamo ripreso a rivederci seriamente, avevo 18 anni e va be’, era l’età giusta per avere una storia seria, e soprattutto eravamo innamorati, così ogni tanto andavo io a Londra e ogni tanto veniva lui allo Stelvio, poi quando a 19 anni ho smesso di sciare è stato tutto più facile vedersi”.Quindi Luca è stato il tuo primo grande amore? “Sì dai, direi anche il più lungo”. Luca come se la cava con gli sci? “Non se la cava, non è il suo sport ma in ogni caso quando poi giochi a calcio devi evitare di fare sport come lo sci dove puoi farti male”.Nel 2009 il matrimonio, che per Bergamo è stato un evento, due imperi che si fondono, due cognomi importantissimi per Bergamo: “Onestamente avendo conosciuto Luca a 16 anni ho vissuto l’amore in modo così naturale che il resto non contava e non conta. Non ho vissuto per fortuna la pressione di due famiglie cosiddette importanti nella bergamasca, eravamo solo io e Luca, due ragazzi innamorati, le nostre due famiglie sono sempre state, per dirla in bergamasco, molto ‘schisce’ con noi, non abbiamo mai dato importanza ai riflettori, poi certo, siamo molto uniti dal punto di vista famigliare ma siamo divisi dal lavoro, ognuno fa le sue cose, ognuno rispetta gli spazi lavorativi dell’altro. E poi quando mi sono sposata ero già mamma, e così non ho sentito la classica pressione del giorno del matrimonio, ma è stata semplicemente una festa, dove mi sono divertita come una matta e non l’ho vissuta con la tradizionale emozione. Per me non era certo l’unione tra Radici e Percassi, ma tra Cristina e Luca, due ragazzi innamorati e già genitori”….SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo IL PERSONAGGIO – <strong>Cristina Radici</strong>: “I miei nonni, Luca, conosciuto sui banchi del liceo, lo sci, l’Atalanta, sono ‘drogata’ di kindle, il Monte Pora come l’Alpe di Siusi e…” proviene da Araberara.
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MediaGliel’ha insegnato lo sport a combattere, gliel’ha insegnato lo sport a non arrendersi di fronte a niente e a prendersi le vittorie più belle nonostante gli ostacoli che si presentano senza preavviso. Elena Fanchini quella forza ce l’aveva dentro quando i primi giorni del 2018 la malattia, un tumore all’intestino, si è presentata la prima volta e ce l’ha dentro da agosto, quando si è ripresentata. Elena sta affrontando le cure circondata dall’amore della sua famiglia che è il guscio più prezioso e con un’amica speciale come Sofia Goggia, che quel vento in faccia nella discesa di Cortina se l’è preso un po’ anche per Elena.
“’Regalami quel pettorale rosso… vincente’ – ha detto Sofia -. E io ti promisi che, nel caso in cui l’avessi vinta, te l’avrei dedicata, questa gara. Ora posso dirlo, con tutta la forza e la veemenza di cui dispongo, ad alta voce, in quello che è un urlo che esorta a combattere e a non arrendersi: ‘Elly, questa è per te”. Una dedica dolce, di quelle che ti fanno bene al cuore.“Sofia è un’amica, la sentiamo spesso perché siamo state compagne di squadra, in particolare di Sabrina – racconta dall’altra parte del telefono Nadia, la sorella di Elena, mentre i suoi due bambini riempiono in sottofondo il silenzio di casa -. Elena le aveva scritto un messaggio qualche giorno prima per dirle che era stata brava e che quel pettorale era bellissimo… qualche giorno dopo è arrivata la dedica. Elena è stata contenta, gliel’aveva chiesto lei”.Un sorriso nel mezzo di una delle ‘gare’ più toste della vita: “È difficile e penso di non poter capire cosa prova Elena, perché non ci sono io al suo posto e forse anche fuori è complicato capire cosa stiamo provando noi, ma come è già successo con la prima neoplasia che ha avuto nel 2018, sta lottando tantissimo, è forte, anche se sono momenti difficili per tutta la famiglia e soprattutto per lei”.Elena quel tumore l’aveva sconfitto dopo dieci lunghi mesi di chemioterapie, radioterapie e altre cure, ed era tornata in pista con quella tenacia di sempre, fino all’infortunio al perone e poi al ritiro nel 2020: “Stava bene…SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo PRIMO PIANO – Nadia Fanchini racconta la sorella: “Elena sta lottando, il primo tumore, poi il dolore alla gamba, è tornato…” proviene da Araberara.
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“’Regalami quel pettorale rosso… vincente’ – ha detto Sofia -. E io ti promisi che, nel caso in cui l’avessi vinta, te l’avrei dedicata, questa gara. Ora posso dirlo, con tutta la forza e la veemenza di cui dispongo, ad alta voce, in quello che è un urlo che esorta a combattere e a non arrendersi: ‘Elly, questa è per te”. Una dedica dolce, di quelle che ti fanno bene al cuore.“Sofia è un’amica, la sentiamo spesso perché siamo state compagne di squadra, in particolare di Sabrina – racconta dall’altra parte del telefono Nadia, la sorella di Elena, mentre i suoi due bambini riempiono in sottofondo il silenzio di casa -. Elena le aveva scritto un messaggio qualche giorno prima per dirle che era stata brava e che quel pettorale era bellissimo… qualche giorno dopo è arrivata la dedica. Elena è stata contenta, gliel’aveva chiesto lei”.Un sorriso nel mezzo di una delle ‘gare’ più toste della vita: “È difficile e penso di non poter capire cosa prova Elena, perché non ci sono io al suo posto e forse anche fuori è complicato capire cosa stiamo provando noi, ma come è già successo con la prima neoplasia che ha avuto nel 2018, sta lottando tantissimo, è forte, anche se sono momenti difficili per tutta la famiglia e soprattutto per lei”.Elena quel tumore l’aveva sconfitto dopo dieci lunghi mesi di chemioterapie, radioterapie e altre cure, ed era tornata in pista con quella tenacia di sempre, fino all’infortunio al perone e poi al ritiro nel 2020: “Stava bene…SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo PRIMO PIANO – Nadia Fanchini racconta la sorella: “Elena sta lottando, il primo tumore, poi il dolore alla gamba, è tornato…” proviene da Araberara.
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MediaPer i nostri peccati dovremmo chiedere la soluzione, non (solo) l’assoluzione. Vale per tutti, preti e non preti. Scrivere questo pezzo implica il fatto che come spesso accade, troppe volte, qualcuno si scaglierà contro i giornali, in questo caso il nostro, perché ci sono notizie che, sempre secondo qualcuno, vanno taciute, modificate, non date. Ma la differenza tra il dare una notizia, che quindi è successa e non l’abbiamo fatta succedere noi, e il fare polemica o uscire dai bordi di ogni limite è notevole. In queste settimane se ne sono sentite di tutti i colori, complici anche i soliti social, che ormai si atteggiano a fonti di verità inconfutabili dove poter offendere o sparare giudizi su tutto e tutti.Qui rendiamo conto di quanto è successo a Solto Collina, Riva di Solto, Fonteno e dintorni, e per dintorni si intendono Esmate e Zorzino, da dove l’Arciprete di Solto Collina e parroco delle altre 4 parrocchie, Don Lorenzo Micheli è stato trasferito in fretta e furia dalla Curia per una destinazione ‘sconosciuta’ (neanche troppo) per evitare che lo scandalo (e non il peccato), travolgesse anche chi in questa storia non c’entra, appunto la Chiesa (e la Curia) in primis. Gesù scelse dodici apostoli: uno l’ha tradito, un altro l’ha rinnegato, altri nove se la sono squagliata al momento del bisogno. Nessuno gliene ha fatto una colpa.Visto che quando un prete fa l’entrata in paese, così come quando se ne va, gli dedichiamo ampio spazio, perché anche se i tempi cambiano, il parroco di un paese rimane un punto di riferimento per molti, non potevamo fare gli struzzi e fingere che non fosse successo niente. …SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo SOLTO COLLINA – L’addio di <strong>don Lorenzo</strong>. L’ambiguità<br>del peccato, la paura dello scandalo proviene da Araberara.
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MediaCarissimi, in questi giorni ho preso la decisione di rinunciare ad essere il vostro parroco. É una decisione presa per motivi personali; anche se mi è costato molto decidere, sento la necessità di prendere immediatamente un momento di sosta nella mia vita. ..SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo SOLTO COLLINA – LA LETTERA – Don Lorenzo: “Continuerò a ricordarvi… Dove vivrò in questo periodo non avrò incarichi pastorali” proviene da Araberara.
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MediaDon Alessandro Gipponi, arciprete di Predore: «Ero interessato alla situazione venezuelana. Ho conosciuto Brayan su Facebook. Così ho aiutato lui e Christopher ad arrivare in Italia»«Se la situazione fosse bella torneremmo tutti in Venezuela. A me manca la mia famiglia, però la vita là è molto pericolosa».Inizia così il suo racconto Brayan Mellado, 21 anni, venezuelano e da marzo ospite di don Alessandro Gipponi nella casa parrocchiale di Predore. Alto, slanciato, lineamenti caraibici, carnagione olivastra, capelli scuri coperti dal cappellino nero dei New York Yankees.Sembra timido, ma appena si sblocca racconta la sua storia in un buonissimo italiano con qualche inflessione spagnoleggiante. Al collo una collana in finto argento e mentre la indica aggiunge: «Se cammini per le strade del Venezuela con questa rischi di essere ucciso».Seduto al suo fianco c’è il connazionale Christopher Santana anche lui ventunenne: «Siamo come fratelli, abbiamo fatto quasi tutto insieme. La mia famiglia vive ancora là. In Venezuela l’unica cosa che è cambiata riguarda il cibo. A differenza di quattro anni fa, ora nei supermercati c’è tutto. Però la gente non ha i soldi per comprarlo. Perciò noi che lavoriamo qui a Predore mandiamo i soldi in sud America: senza di noi, là non riuscirebbero a sopravvivere».L’inflazione rappresenta uno dei più gravi problemi per il Venezuela: «Il Bolivar, la moneta ufficiale venezuelana, non vale più nulla. Si paga tutto in dollari». Ciò comporta delle gravi conseguenze sulla quotidianità della gente, continua Brayan: «Lo stipendio dei dipendenti pubblici è di 5 dollari al mese. Ma è pochissimo: basta pensare che un chilo di pasta costa addirittura 1 dollaro».Questo determina un aumento della povertà, delle differenze sociali, dei problemi legati alla scarsa alimentazione e della criminalità, anche da parte di chi dovrebbe controllarla: «A fine ottobre lo stato di Vargas» racconta sempre Brayan «è stato colpito da una violenta inondazione. La polizia bloccava i camion carichi di cibo e vestiti. Gli agenti o rubavano il carico o chiedevano pesanti mazzette per permettere il passaggio. Questo succede perché anche loro sono dipendenti pubblici e hanno difficoltà a sopravvivere soltanto con il loro stipendio».Il governo guidato da Nicolas Maduro non fa nulla per fermare questi abusi delle forze dell’ordine, così come non interveniva quando l’esercito e la polizia impedivano le manifestazioni anti-presidenziali con la violenza. Ecco perché Brayan ammette di «non aver mai partecipato alle manifestazioni contro il governo. Erano molto pericolose: la polizia sparava sulla gente che protestava».Sotto questo punto di vista la situazione è mutata. «Le manifestazioni non ci sono più. La gente si è stancata e si è abituata» afferma ancora Brayan «le elezioni ci sono, ma sono fraudolente. Così i venezuelani preferiscono andare via, come abbiamo fatto noi».«La prima a migrare è stata mia sorella»….SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo PREDORE – LA STORIA – ‘Fuggiti’ dal Venezuela grazie a don Alessandro: “Viviamo con il don, lavoriamo, mandiamo i soldi a casa, là non si sopravvive” proviene da Araberara.
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Media«Siamo qui. Il Comune ci ha abbandonati, si ricorda di noi solo quando deve chiederci i soldi». Soltanto le parole di Mario Huyer rompono il silenzio in via Pascoli a Trescore Balneario.«È da tempo che chiediamo di sistemare la ghiaia nei viali del campo, ma loro non ci ascoltano. Perciò, quando ci hanno chiesto di pagare 100 euro perché era nato un bambino noi abbiamo detto di no».Mario ha 55 anni, un corpo robusto e più basso della media avvolto in un maglione dolcevita grigio. Al centro della testa tonda e pressoché glabra due vispi occhi marroni.«Ci hanno rinchiusi qui e si sono dimenticati di noi. Sembra di essere in un ghetto. Però la gente di Trescore ci conosce bene. Viviamo in questo campo da quasi trent’anni».Percorrendo via Pascoli, una strada di campagna poco curata e in leggera discesa, si incontra una casa in costruzione, una serie infinita e ordinata di serre e una cascina che pare abbandonata. Al centro di tutto ciò si trova il campo nomadi dove è parcheggiata la roulotte bianca di Mario. «Ormai siamo restati qui in pochi. Siamo meno di trenta».Il sole è alto sulla pianura e riscalda il mucchio di copertoni affastellati ai margini dell’asfalto. Il vento freddo soffia delicato facendo vibrare l’erba incolta sulle sponde del rivolo scuro che separa la strada dal campo e solleva una sottile colonna di fumo da un cumulo di cenere poco prima dell’ingresso aperto, delimitato da nessun cancello.Sdraiata lì vicino una bottiglia vuota da 66 cl di birra Peroni e un bidoncino dell’umido fermo in quella posizione da molto tempo.Un lieve odore di bruciato riempie l’aria e Mario Huyer prosegue il suo racconto:«Noi siamo sinti, siamo nomadi, siamo quelli delle giostre! Però io adesso non faccio più quel lavoro. Oggi è diventato molto costoso. Devi avere i posti giusti, altrimenti non rende. Per questo molti di noi hanno i gonfiabili e la macchinetta per lo zucchero filato: è vantaggioso perché hai meno spese e puoi andare in tanti posti. Siamo sempre noi anche quelli che mettono le luci di Natale nei diversi comuni. Però quest’anno, per colpa della crisi e del costo dell’energia elettrica abbiamo lavorato meno».Non è un caso che appoggiate all’unico edificio più alto e vistoso delle roulotte, alle spalle di Mario, ci sono due luminarie a forma di stelle che giacciono semi dimenticate tra un pallone di cuoio sgonfio e una dozzina di bocce di pietra scolorite.Il discorso di Huyer viene interrotto da una donna che gli consegna un tablet bianco che squilla. Lui risponde e dopo la chiamata aggiunge: «Sono due ragazzi di Pescara che vogliono comprare questa macchina. Stanno arrivando qui per vederla»… SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo I SINTI DI TRESCORE – “Siamo dimenticati qui. Questo campo è un ghetto” proviene da Araberara.
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MediaGiulio Minelli, 60 anni, 27 Parigi Dakar, 1 vittoria. Numeri impressionanti, da fare venire i brividi anche solo a scriverli. Come sentire addosso e dentro la passione per i motori e l’avventura, che insieme formano anche l’amore per la vita. Giulio è nella sua officina-negozio a Costa Volpino, tornato da pochi giorni dall’ennesima Parigi – Dakar, intorno a lui moto e moto: “Ho cominciato da ragazzino, scuola meccanico a Edolo, e da allora non ho più smesso, avevo 14 anni, poi dopo qualche anno che facevo il meccanico ho conosciuto Ciro de Petri, a 20 anni la prima Parigi Dakar. Facevo assistenza, meccanico”. Da lì non ho più smesso: “E ho cominciato a fare il navigatore alla Parigi Dakar”, quella Dakar che Giulio ha vinto nel 1986 con Giacomo Vismara, anni in cui la Parigi Dakar era su tutte le tv e su tutti i giornali: “Anche adesso c’è passione e attesa ma in questo momento sono di più i francesi a trasmetterla, noi comunque quest’anno avevamo al seguito un camper di giornalisti sky che ogni giorno facevano una diretta di un quarto d’ora dove raccontavano la gara”. Minelli racconta: “Alla fine degli anni ’90 c’è stato il vero boom per noi italiani, con Ciro De Petri, Edi Orioli, Marinoni, Gualdi. Ricordo le prime Dakar che ho corso, compravamo la bussola dall’orefice, avevamo una cartina geografica e capitava di perdersi e non sapere dove fossimo, la sicurezza era quella che era, ci si perdeva con facilità nel deserto, non c’erano i sistemi di navigazione di oggi. Ora se ti si ferma il camion hai una pulsantiera con un sacco di tasti per tutti i tipi di problemi, volendo in 5 minuti arriva l’elicottero”. Ti sei mai perso i primi anni? quando avevi solo bussola e cartina? “…SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo <strong>COSTA VOLPINO – Giulio e le sue 27 Parigi Dakar e quella vittoria nel 1986: “Il freddo di quest’anno, in tenda, nel deserto sotto la pioggia…”, quella passione che…</strong> proviene da Araberara.
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MediaE’ in dirittura d’arrivo l’iter di acquisizione da parte del Comune della Villa dei Padri Barnabiti:“Manca solo l’ultimo atto, quello notarile – spiega la sindaca Flora Fiorina -. Si tratta di una realtà di 6.000 metri quadri coperti e 10.000 liberi, ne ricaveremo una struttura adibita ad iniziative socio-sanitarie-culturali, anche nella speranza di poter, almeno in parte, supplire alle ben note carenze sanitarie che ci affliggono…SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo GANDELLINO – La Villa dei Padri Barnabiti acquisita dal Comune. Ospiterà iniziative socio-sanitarie e culturali proviene da Araberara.
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MediaGrande preoccupazione e diffuso malcontento ha suscitato in paese la notizia della chiusura della filiale locale della banca Intesa S. Paolo, motivata da una sempre più spinta digitalizzazione dei servizi bancari. La banca parla di accorpamento, ma di fatto di si tratta di chiusure, e i clienti saranno costretti a rivolgersi altrove, nel caso specifico allo sportello di Ponte Nossa. La filiale di Parre a partire dal prossimo giugno sarà in fase di remotizzazione, in attesa, appunto, dell’accorpamento a quella nossese. Remotizzazione viene dal verbo remotizzare, che significa gestire a distanza un computer, un collegamento, un’applicazione, un sistema, ovvero gestire da remoto determinate attività o strumentazioni…SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo PARRE – Verso la chiusura della banca: la rabbia della gente. ‘Noi anziani come facciamo? Parole come ‘remotizzazione’ non hanno senso’, disagi anche alle aziende proviene da Araberara.
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MediaAnche a Solto Collina chiude la banca (Intesa San Paolo). Si parla di forte spinta alla digitalizzazione dei servizi bancari, che di fatto però significa una riduzione delle filiali. E così, tra le 13 che chiuderanno in tutta la provincia bergamasca tra marzo e giugno c’è anche quella di Solto Collina.“Ho avuto un incontro col Direttore e il Responsabile di zona – spiega il sindaco Maurizio Esti -. La banca a giugno purtroppo chiuderà…SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo SOLTO COLLINA – Chiude la banca, il sindaco: “Non rimarrà nemmeno il bancomat, ma…” proviene da Araberara.
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MediaCi eravamo salutate alla fine del 2019, quando Chiara Colotti, 27 anni, dopo aver lavorato per tre mesi presso il Dicastero per la Comunicazione nello staff editoriale di Vatican News – il nuovo sistema di informazione voluto da Papa Bergoglio il quale, con un apposito Motu Proprio, nel 2015, ha voluto riunire tutte le realtà della comunicazione vaticana perché coinvolgessero le nuove generazioni e le varie culture del mondo-, coltivava il sogno di essere selezionata tra altri giovani di tutto il mondo per accedere alla Missione Permanente della Santa Sede presso l’ONU di Ginevra. Chiara, dopo il diploma al Liceo Socio-Psico-Pedagogico Rezzara, aveva conseguito la laurea magistrale in Interpretariato di Conferenza presso la IULM di Milano, specializzandosi in inglese e spagnolo…SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo PARRE – PONTE SELVA – IL PERSONAGGIO – Chiara Colotti, da Ponte Selva alla Divisione Generale della Comunicazione della Commissione Europea. A Bruxelles dopo anni di studio, di viaggi e di faticosa ‘gavetta’ proviene da Araberara.
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Media“Cosa vuole che le dica? – ci ha risposto Flora Fiorina -. Siamo di nuovo, come si dice, in braghe di tela, e né ATS né il medico, tra l’altro, hanno avuto la correttezza di avvisarci con un po’ più di anticipo…I Comuni , com’è noto, non possono fare nulla, il problema è di ATS e della Regione, anche se il presidente Fontana dice che non lo è, quando invece sappiamo tutti che la Sanità è di competenza regionale… I cittadini sono veramente disorientati e soprattutto sono molto arrabbiati, sto raccogliendo moltissime lamentele e moltissime proteste…Spero solo che tutti se ne ricordino quando andremo tra pochi giorni a votare per le elezioni regionali…”. Non le manda a dire la sindaca di Gandellino di fronte all’ennesimo disastro sanitario che colpisce i paesi di montagna…SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo GROMO – VALGOGLIO – GANDELLINO – VALBONDIONE – Si è dimesso il medico dell’Alta Valle e ora 1700 residenti non hanno più nessuno: “Abbandonati, spero che la gente se ne ricordi ora che va a votare” proviene da Araberara.
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MediaIl tam tam è arrivato un po’ dappertutto, qualcuno diceva fosse vero, altri che erano solo voci. In realtà l’artista Lazza, uno dei cantanti e musicisti più amati dai giovani nei giorni scorsi era davvero a Clusone con la sua troupe e si è fermato due giorni per girare un video musicale. Ma un video musicale davvero particolare, per questo tutte le bocche erano cucite, il video riguarda infatti la canzone ‘Cenere’ che Lazza porta sul palco del Festival di Sanremo in questi giorni, per questo tutto è stato tenuto top secret. Fosse circolato anche solo una strofa o una nota della canzone, Lazza rischiava la squalifica del festival, ecco spiegato il segreto.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo <strong>CLUSONE – Lazza a Clusone per girare il video di ‘Cenere’, il brano del festival di Sanremo, ecco perché era tutto top secret, con lui una troupe di 40 persone</strong> proviene da Araberara.
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MediaLa frase più significativa che in queste settimane è comparsa sui social albinesi è stata scritta da una mamma di Bondo Petello: “Abbiamo il dovere di salvaguardare le piccole comunità, lo dobbiamo fare per i nostri figli. Facciamo in modo che i nostri bambini abbiano la possibilità di continuare a frequentare un’ottima scuola dove ci sono insegnanti capaci, attenti e competenti che mettono al primo posto i bambini con le loro diversità, i loro interessi e i loro punti di forza”.In gioco (lo abbiamo scritto più volte nel corso del 2022) c’è la classe prima della scuola Elementare di questa frazione del Comune di Albino.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo ALBINO – BONDO PETELLO – Il futuro della scuola di Bondo, l’appello social delle mamme e le bocche cucite proviene da Araberara.
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MediaNel 2009 la Giunta di centrosinistra guidata dall’allora sindaco Luca Carrara aveva promosso l’iniziativa ‘Albino fotovoltaica’ che prevedeva, grazie anche ad alcuni incentivi, di mettere dei pannelli fotovoltaici su abitazioni private ed edifici pubblici di proprietà del Comune di Albino. Oggi, a distanza di quasi tre lustri, alcuni di quegli impianti registrano problemi: qualcuno è stato danneggiato, come quelli sul Valseriana Center e sulla scuola ‘Margherita Hack’, mentre altri non sono efficienti.Da diversi mesi il gruppo di minoranza ‘RinnovAlbino’ sta chiedendo al sindaco Fabio Terzi (successore di Carrara) alcune informazioni e dati riguardanti il funzionamento degli impianti fotovoltaici posati sui tetti degli edifici pubblici… ma senza avere una risposta. SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo ALBINO – LA POLEMICA – Il fotovoltaico in salsa albinese, tra impianti danneggiati e malfunzionanti. Botta e risposta tra sindaco e minoranza proviene da Araberara.
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MediaNese, frazione di Alzano Lombardo. A due passi dalla chiesa parrocchiale c’è il campo da calcio. I gioca una partita tra due squadre giovanili: i padroni casa dell’Oratorio Alzanese e gli ospiti della Tritium Calcio. La partita non è di poco conto: si gioca per proseguire il percorso nel Trofeo Cassera. Ragazzi di 15/16 anni da una parte e loro coetanei dall’altra. Una sana domenica di sport… almeno fino a un certo punto.Verso la fine della partita succede di tutto. Un brutto fallo provoca l’irata reazione di un ragazzo dell’Alzanese che sembra aver dato un calcio in testa all’avversario. Poi un calciatore della Tritium dà un pugno in faccia a un ragazzo del posto e scoppia la rissa…SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo ALZANO LOMBARDO – Pallone sgonfiato, rissa e vergogna all’Oratorio di Nese. Entrano in campo pure i genitori… proviene da Araberara.
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MediaMolti mesi sono passati da quando è stata realizzata (ma è più corretto dire dipinta…) la rotonda sull’incrocio tra Via Suardi, la strada parallela alla Statale 42 che collega il centro di Casazza con Spinone al Lago, e Via Vittorio Veneto, a pochi passi dalla caserma dei Carabinieri. Un piccolo cerchio di vernice bianca disegnato in mezzo alla strada, una ‘rotondina’ che ha generato polemiche e ironie. Le polemiche nascevano dal fatto che, secondo molti cittadini, la rotonda sarebbe insicura, nel senso che invece di migliorare la sicurezza in quella zona del paese, avrebbe l’effetto contrario; le ironie sono invece alimentate dall’aspetto dimesso della rotatoria e dalla presenza di una sorta di barriere spartitraffico. Già… a distanza di molti mesi quelle barriere sono ancora lì. Ma a cosa servono?SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo CASAZZA – Altro incidente, la ‘rotondina’ è ‘insicura’: “Non serve a niente, anzi, è pericolosa” proviene da Araberara.
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MediaContinuiamo la pubblicazione del diario inedito di Ivan Piana (stralci di questo diario furono pubblicati nell’opuscolo “Ivan Piana – uno studente, un giovane, una storia” curato da alcuni alunni dell’Istituto Ivan Piana di Lovere). Il diario completo ci è stato messo a disposizione dallo storico loverese Giuliano Fiorani al quale l’avevano donato i famigliari. Ivan Piana è uno dei 13 Martiri di Lovere. Aveva 19 anni (data di nascita il 24 febbraio 1924). Diplomato ragioniere era impiegato all’Ilva di Lovere, pur continuando a frequentare la facoltà di Economia all’Università Bocconi di Milano. Con l’amico Salvatore Conti aveva fondato il “Gruppo patriottico giovanile” di Lovere facendo riferimento al “Gruppo Patrioti Loveresi” di Giovanni Brasi.Come già nelle parti del diario pubblicate sull’ultimo numero di Araberara, il giovane Ivan Piana non sembra per nulla impegnato politicamente, passa le giornate al lavoro come impiegato all’Ilva (il grande stabilimento, ora Lucchini, tra Lovere e Castro) e le serate in giro con gli amici. Amori un po’ tormentati (due “delusioni amorose”, è innamorato di V. che non corrisponde e la fidanzata di Nino Archetti, reduce della disfatta in Russia, sembra tradire l’amico). E poi sembra sorpreso dal crollo del fascismo che attribuisce alla ’incapacità e inconsapevolezza dei suoi dirigenti’.SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 3 FEBBRAIOL'articolo LOVERE – IL DIARIO DI IVAN PIANA – “A diciannove anni sono disilluso e stanco della vita; qualche volta rimpiango la mia fanciullezza ma sarebbe vile se per questo rinunciassi a quello che l’avvenire ancora può offrirmi” proviene da Araberara.
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