Abbiamo perso peso, siamo stati sconfitti. Troppo ingenui. La scala di pietra era lunga, scivolosa fino a noi, contornata da piccole agavi selvagge. Era molto difficile salirla, più di un'avventura spaziale. Dovevamo convincere il mare a farsi da parte, mandarlo in pensione. Spostarlo in un luogo sicuro così da farlo riposare. Era difficile immaginarlo al  bowling con gli amici. Quel giorno il mare era scuro e calmo, con gli occhi a fessura, la schiuma grigia e ricamata, non sospettava nuIla. Il vento da un po' si era addormentato nelle viuzze vicino alla spiaggia. Il rumore della risacca sembrava un brontolio di un vecchio pesce dalle lische d'argento. Per colpa delle lische era andato a fondo. Troppi chili da far galleggiare tutto il tempo. Non era l'unico. Con lui si erano abissate molte altre pinne, anche giovani. Il sole era sdraiato sulla spiaggia a oziare. Timidamente la vita riprendeva il suo passo. La terra imitava i bagnanti. Dal cielo una luce, quasi pittorica, mostrava la montagna. Era un raggio d'oro. La montagna, l'orizzonte e le nuvole erano sulle spalle del mare. Le nubi si confondevano col mare e la Terra abbracciava il cielo. Mentre il mare osservava silenzioso, il cielo accarezzava il corpo del raggio di luce. Io ero su di uno scoglio, sferzato dal vento della vita. Ciò che vedevo, forse intuivo, era la forma dell'acqua e la forma di Dio. C'erano strati di follia su cui scivolare. Troppo lavoro da fare. C'eri tu ad indicare la via. Convincesti il mare ad andare via con te.

Scritto da Luca Sartini.