Guglielmo Crotti
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Meme, riflessioni geopolitiche e Android. Agitate ma non mescolate.

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La gestione di Twitter da parte di Elon Musk è la riprova che non è sufficiente andare al ristorante un paio di volte a settimana per essere poi in grado di gestire un ristorante.

Ormai nella stampa specializzata si inizia a parlare seriamente di "fallimento" di Twitter e della fine di una piattaforma, perlomeno nei modi e nelle forme in cui l'abbiamo conosciuta - personalmente, non mi stupirebbe. Che 2022 ragazzi.
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Guglielmo Crotti
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About You rimane, a un anno dal lancio, una delle peggiori app dove fare acquisti (ed è un peccato). C'è da dire che regala però dei momenti di comicità involontaria
Il vero stress test è sottoporsi alla visione dei tweet di Calenda in ambito tecnologico.

Ma poi, se non esistono i reati d'opinione, a cosa dovrebbe servire l'identificazione ai fini dell'iscrizione ai social? Mistero. Altrettanto misteriosa è l'infatuazione della mia generazione (e di quelle successive) per questo personaggio.
Wild
Buon Natale a tutte e a tutti da parte della nostra redazione e del Direttore @guglielmocrotti! Auguri! 🥰 🥳 🎄
A tutti i miei più felici auguri di buon Natale, che quest'anno corrisponde con la mia entrata nella famiglia di Google: chissà che non riesca a sostituire finalmente HTC... Auguri ancora!
​​Sono anni che Google cerca di inserirsi nel mercato delle app di messaggistica. I tentativi sono stati innumerevoli. La nuova mossa sono ora gli SMS, che conditi con una serie di funzionalità aggiuntive (spunte di lettura, eccetera) necessarie secondo i moderni standard di comunicazione, diventano RCS - format di cui Google è sostanzialmente il monopolista.

Bene, bello, bis, nuova vita agli SMS che tanto hanno condito le nostre gioventù pre-smartphone. Peccato che su WhatsApp, Telegram o altre suite di messaggistica, quello che vedete in foto non potrebbe succedere - ma con gli SMS, ahimè, sì. Sostanzialmente, un numero falso è riuscito a farsi identificare da Messaggi come PosteInfo (il numero che fa riferimento ai messaggi di servizio di Poste Italiane) invitandomi a modificare le mie credenziali a causa di un accesso sospetto.

Io, che queste cose un po' le subodoro da lontano, ho capito abbastanza in fretta che si trattava di un attacco phishing. Ma mettete caso che sia un anziano o una persona che non ha dimestichezza con la tecnologia a cadere vittima di questo tipo di attacco - soprattutto considerando che si stanno facendo sempre più raffinati. Addio alle credenziali delle Poste, con tutto quello che ne consegue (pensione, identità elettronica...).

Quindi no, gli SMS non sono sicuri, e dubito che potranno mai esserlo. Spiace per gli RCS.
pezzènte s. m. e f. [voce di origine merid., part. pres. di pezzire (v.)]. – Mendicante, accattone, persona che vive di elemosina.
Guglielmo Crotti
pezzènte s. m. e f. [voce di origine merid., part. pres. di pezzire (v.)]. – Mendicante, accattone, persona che vive di elemosina.
Mi spiego, perché l'immagine può essere effettivamente criptica. Con l'ultimo aggiornamento, Telegram ha introdotto un pulsante che consente di regalare Telegram Premium a un altro utente a prezzo scontato - parliamo di un -22% sull'abbonamento annuale, non eccessivo ma nemmeno da ignorare. Peccato che per poterlo regalare tu debba già essere utente Premium.

Ora: chi compra Telegram Premium è già un super-utente, ossia un utente che è già dentro le meccaniche della piattaforma al punto tale da: 1) sapere che Telegram Premium esiste 2) voler effettivamente spendere dei soldi per sostenere Telegram. Un utente di questo genere ha almeno due account, grazie ai quali può tranquillamente auto-regalarsi l'abbonamento a prezzo scontato.

Ora: se io so queste cose, le saprà sicuramente e molto meglio di me chi ha ideato questa promozione. Una simile limitazione vuole semplicemente costringere chi vuole l'abbonamento annuale (scontato) a Telegram Premium a pagare un mese intero di abbonamento (3,99€), così da auto-regalarsi l'abbonamento annuale scontato (33,99€), generando un risparmio di 5,94€ (9,93€ - 3,99€) che però per Telegram si traduce in un guadagno ulteriore - di 3,99€, appunto.

Non capisco esattamente il senso di questa mossa: una forma di gatekeeping. Cui prodest?
Per giustificare la decisione, il ministero della Cultura ha fornito al Foglio alcuni dati sulle spese sostenute finora da ITsART. Inizialmente, il ministero aveva messo a disposizione 9,8 milioni di euro e Chili altri 10 milioni, ma solo nel primo anno erano stati spesi 7,5 milioni per mantenere la piattaforma: di questi, 6 milioni erano stati spesi per servizi e beni, 900 mila per il personale. A fronte delle spese però i ricavi sono stati molto bassi: al servizio si sono registrati circa 141 mila utenti, per un totale di 246 mila euro di incassi. (Il Post)

Sul tracollo di ItsArt possiamo parlarne delle ore per poi arrivare alla stessa conclusione. Ma come dice bene Roberto Pezzali su DDay.it, ItsArt è stata una buona piattaforma con un pessimo business model: contenuti a pagamento (fino a 12,9€ l'uno) nell'epoca delle piattaforme ad abbonamento, senza un sistema pubblicitario adeguato che, in assenza di sponsor, si auto-reclamava (il che ovviamente non generava profitto). Non sorprende che Netflix abbia scomodato Microsoft per gestire le pubblicità del suo nuovo piano a pagamento.

C'è una lancia che voglio però spezzare su questa piattaforma: il suo slancio internazionalistico, tra sottotitoli in inglese e ridoppiaggi. In Italia, che è appunto la patria del doppiaggio e della traduzione, facciamo una gran fatica a esportare i nostri contenuti all'estero. Ho potuto tastare il polso della situazione quando, nel tentativo di coinvolgere la mia ragazza tedesca al cinema popolare italiano, abbiamo provato a guardare insieme un po' di commedie nostrane: da Aldo Giovanni e Giacomo a Perfetti Sconosciuti (che pure ha avuto un'eco mondiale), passando per Il Traditore (che puntava all'Oscar, pensate voi), non ce n'è uno sottotitolato in inglese. Neanche mezzo.

Ma anche il settore editoriale è tutto così: produciamo opere esclusivamente per il mercato nazionale, curandoci poco o niente di renderle appetibili all'estero. Col risultato che opere con un potenziale mercato internazionale, come appunto ItsArt, o vengono chiuse o (peggio ancora) non vengono proprio prodotte. Ahimè.
Questo è quello che succede quando lasci Google da solo per troppo tempo con qualcosa di bello. Ma cosa gli è saltato in mente?
​​Il mondo è bello perché Twitter: da San Francisco giunge voce che l'azienda abbia messo all'asta tutta una serie di proprietà, evidentemente non più necessarie (nel tentativo di fare cassa?). Per la maggior parte si tratta di roba tipo: sedie, divani, poltrone - effettivamente, ora che l'azienda conta settemilaecinquecento dipendenti in meno, ci sarà bisogno di molti meno posti a sedere.

Ma battutacce a parte, segnalo che se avete 5.000$ da spendere potete tentare di mettere le mani sull'insegna al neon del logo di Twitter; altrimenti, per 11.000$ c'è la statua del logo, mentre se volete spendere di meno, potete sempre puntare a una scultura a forma di chiocciola, con tanto di edera dentro ("solo" 2.700$).

Quando vi diranno "Musk sta svendendo Twitter", un po' è vero.
Scopro oggi che la direttrice della rivista tecnologica CNET si chiama Connie Guglielmo.

Se ci pensiamo bene, il mio nome, se pronunciato da una vecchina senza denti, può assomigliare a Guglielmo Connie.

Sono andata a cercarla su Google e, per fortuna (sua), non mi assomiglia affatto. Ma l'ho trovata una buffa coincidenza. Così come ho trovato buffo che abbia cercato di implementare ChatGPT sulla sua rivista, ma in maniera "non trasparente", lasciando che scrivesse più di 70 articoli su argomenti principalmente di carattere finanziario.

La sua giustificazione è stata: "abbiamo voluto fare questo esperimento per capire se le IA possano aiutare i nostri redattori a coprire più argomenti contemporaneamente". C'è un uso etico/non etico di ChatGPT? Il fatto che soppianti il copywriting è un fatto positivo o negativo? Alla fine, credo che si arriverà a un punto in cui bot del genere ci sostituiranno nella creazione di testi che tutti riteniamo estremamente uggiosi (se penso al tempo che ho sprecato scrivendo certe email), mentre all'uomo rimarrà, direi, la parte creativa e di supervisione. Chi vivrà, vedrà.

Se volete, c'è anche la storia in italiano pubblicata dal Post.

PS: questo post è stato generato tramite ChatGPT. O forse no.
Diego Fusaro che sponsorizza un gioco cash grab qualunque. Non so se mi divertirebbe di più scoprire che è lui davvero o che si tratta di un deepfake
​​BARD VS CHATGPT 🤖

Vi do i miei 50 centesimi su Bard, la nuova IA di Google che, molto probabilmente, verrà integrata su Google Search e/o servirà a potenziare Google Assistant.

Le intelligenze artificiali conversazionali sono il nuovo trend dei motori di ricerca: ChatGPT su Bing e Bard su Google aumenteranno il divario già esistente tra i motori di ricerca che possono permettersi questo genere di tecnologie e quelli più piccoli, che invece si dovranno affidare a IA più economiche - e dunque meno precise.

Ma il problema più significativo è dato dalla fonte dei dati dei due chatbot. Al netto del fatto che non sappiamo ancora come verranno implementati, appare chiaro che andranno a potenziare l'esperienza di ricerca, rispondendo a domande dirette dell'utente. Se dunque chiederete: "come si cucinano gli spaghetti alla puttanesca?", oppure: "chi era il frontman degli Yes?", il chatbot vi risponderà come se la domanda l'aveste posta a un amico tuttologo, prelevando le sue informazioni dall'internet.

Già: "dall'Internet", la fonte preferita da chi non piace citare le fonti. Perché un conto sono dati nozionistici prelevati da Wikipedia, un altro sono informazioni redatte e curate da blog, siti web e giornali. Se già le anteprime dei risultati di ricerca (quelle che ti forniscono informazioni molto brevi senza aprire il sito web) avevano fatto storcere il naso a molti, figuratevi quando gli editori capiranno che a un utente basterà chiedere a Bard "che è successo oggi in Ucraina" per avere un sunto delle informazioni senza aprire mille link, video (e banner pubblicitari), che Bard comunque ha consultato perché da qualche parte le informazioni le ha dovute prendere.

Questo genere di data scraping, circa, lo ha ben conosciuto la community dei web-artist (ossia coloro che producono arte e poi la pubblicano online), che mesi fa (quando Midjourney e Dall-E divennero un trend) ha lanciato una vasta quanto credo poco incisiva campagna di boicottaggio delle IA, colpevoli di rubare loro il lavoro nel senso più letterale del termine (ossia perfezionando i propri algoritmi usando anche, forse, i loro lavori).

Essendo i web-artist una community tutto sommato povera e atomizzata non ci sono state grosse conseguenze - anche perché le IA visuali sono ancora molto imperfette, e per tirarne fuori un prodotto decente bisogna intervenire manualmente con un programma di editing. Ma gli editori, che hanno provato di essere ancora molto potenti (vedi i vari accordi con Google in materia di visibilità dei quotidiani online), credo troveranno il modo di castrare le IA conversazionali, quantomeno sul piano delle informazioni giornalistiche.

E ci sta anche, specie considerando che molte storture del mondo delle informazioni online è anche dovuto a Google e alle sue regole SEO. È inutile chiedere articoli sbrodoloni da almeno 500 parole anche solo per dire che tempo farà domani, se poi si propongono agli utenti mille scorciatoie che vanno a tamponare proprio i danni collaterali (le guide alla Aranzulla, per dire, che fanno mille giri di parole solo per ripetere le keyword) provocati da queste regole.

Dopo un po' la corda si spezza.
Era difficile battere Fiorello, ma la corona di "intervento più triste di Sanremo" se la aggiudica Siani con un monologo sugli smartphone (e anti-smartphone) anacronistico - specialmente considerando che il più vecchio sul palco è anche il più tecnologicamente consapevole. Non vi consiglio nemmeno di recuperarlo, perché il boomerismo triste è, effettivamente, triste e basta.
Nome: impronunciabile
Packaging: discutibile
Errori di trascrizione: molteplici
Fiducia ispirata: nessuna

Signore e signori, il miglior vetro temprato per Pixel 7 Pro secondo vari siti d'informazione tecnologica, tutti affidabili (loro). Vi terrò aggiornati.
SPOTIFY VS YOUTUBE 🎙

Non so se seguite l'argomento, ma nelle ultime settimane ha fatto "tremare i polsi" a molti podcaster la notizia che il più grande sponsor dei podcast, Spotify, stia ridimensionando il suo impegno nel settore.

Innanzitutto, va detto che quello che viviamo è un periodo di vacche magre: non c'è compagnia tecnologica che non abbia annunciato migliaia di licenziamenti e ristrutturazioni interne.

Tuttavia, ciò che fa più rumore in Spotify non è la quantità, ma la qualità dei suoi addii eccellenti: prima Dawn Ostroff, che è stato praticamente l'artefice della "svolta-podcast" di Spotify, colui che spese centinaia di milioni di dollari per portare sulla piattaforma di streaming esclusive come The Joe Rogan Experience e Batman: Un'autopsia - che per me rimane uno dei podcast più belli di sempre.

Tramite la newsletter The Hot Pod (a cui vi invito a iscrivervi, è gratuita) scopro che se ne andrà anche Max Cutler, fondatore di Paracast - studio di produzione di podcast true crime che Spotify comprò per 55 milioni di dollari nel 2019. Cutler era stato promosso Head of talk creator content and partnerships appena l'anno scorso.

A questi addii si aggiungono quelli di Alex Blumberg, fondatore di Gimlet Media (acquistata da Spotify nel 2019 per 230 milioni di dollari), che ha lasciato l'azienda lo scorso ottobre; Michael Mignano, co-fondatore di Anchor (la super-app di Spotify per la creazione di podcast), se ne è andato invece lo scorso giugno. Più tutta una serie di figure di mezzo che non sto a elencarvi.

Spotify si sta pentendo dei suoi investimenti? Non credo, anzi: quegli investimenti multimilionari sono stati funzionali a rendere i podcast un fenomeno trasversale e trans-generazionale. Credo sia normale che, dopo una corsa, ci si fermi a prendere un po' di fiato.

Piuttosto, credo che i problemi a cui Spotify vada preparandosi siano essenzialmente due:
- l'arrivo di YouTube nel mercato dei podcast: YouTube è come una locomotiva. Vecchia, lenta a partire, ma una volta sul tracciato travolge tutto e tutti. Se YouTube dovesse impegnarsi sul serio, diventerebbe un'alternativa a Spotify non indifferente - ma l'assenza della riproduzione in background è, per me, un fattore di resistenza.
- la non-profittabilità dei podcast: allo stato attuale, è difficile fare soldi coi podcast. Certo, puoi infilarci dentro le pubblicità, un po' alla vecchia, ma l'aria che nel settore si respira è che per rendere sostenibile questo format servirebbe uno strumento di monetizzazione che, allo stato attuale, non esiste. E alcuni cominciano a domandarsi se esisterà mai.

Non vi sembra dunque questo il momento migliore per aprire un podcast? :^)