C'è stato in Siria un raid di Israele sugli aeroporti di Damasco e Aleppo. Sono stati colpiti depositi di armi iraniane. Così leggiamo sui principali e più venduti - è il caso di dire - quotidiani. Ovviamente gli autoproclamati professionisti dell'informazione non spendono una sola parola di condanna. In taluni casi, anzi, glorificano l'azione israeliana. Perché evidentemente anche questo rientra nel "diritto di Israele a difendersi"; diritto che curiosamente trapassa senza soluzione di continuità nel diritto ad aggredire Stati sovrani, senza che la fantomatica comunità internazionale dica nulla. Strano davvero il concetto occidentale di giustizia e di diritto alla difesa. Nel nome della lotta al terrorismo, autorizza l'uso del terrorismo contro i civili. Nel nome del diritto alla difesa sdogana l'imperialismo più osceno. Come sempre, condannando la violenza di una parte e giustificando quella dell'altra. Quello dei palestinesi è terrorismo, quella di Israele è per definizione sempre e comunque diritto alla difesa. Salta anche la nota dialettica invaso/invasore: ora l'invasore si pretende abbia sempre ragione, se è l'invasore che sta per decreto dalla parte giusta della storia, ossia quella dell'imperialismo occidentale. Se non si resta scandalizzati di fronte a tutto questo vuol dire davvero che la lobotomizzazione di massa è compiuta.
Il gioco è abbastanza semplice e, naturalmente, inqualificabile: provare a identificare o, comunque, ad accostare i terroristi di Hamas alla Russia, per poter poi presentare non solo l'imperialismo di Israele ma anche la guerra occidentale contro la Russia come una guerra santa contro il terrorismo. Nello schema a geometrie variabili delle emergenze come strategie di comando, riaffiora così d'imperio - dopo l'emergenza finanziaria e dopo quella epidemica - l'emergenza terroristica, che aveva goduto del suo splendore narrativo nei primi anni del nuovo millennio. E che ora torna prepotentemente in auge.
Zaki ha criticato Israele e, per questo, è stato sostituito da Liliana Segre nel salotto di Fabio Fazio, noto per il suo marcato pluralismo. Il messaggio è chiarissimo: 1. basta dissentire su uno dei capisaldi del pensiero unico politicamente corretto (in questo caso, l'appoggio incondizionato a Israele), per essere ostracizzati e oscurati dal sistema mainstream, anche se fino a ieri si era - come Zaki - funzionali alla sua narrazione; 2. la presenza di Liliana Segre - e lo diciamo per criticare non lei ma la strumentalizzazione che di lei è continuamente fatta dal sistema mediatico unificato - è utilizzata per ribadire all'infinito uno dei punti salienti dell'armamentario concettuale del pensiero unico imperialistico occidentale: chi critica Israele deve per forza essere antisemita e, come tale, ridotto al silenzio, magari anche giuridicamente perseguitato. In questo modo, ogni possibile critica a Israele è resa impossibile a priori e, viceversa, l'imperialismo di Israele è santificato come "diritto alla difesa" contro l'infame antisemitismo, quand'anche tale diritto alla difesa - come assai spesso accade - si determini come aggressione ai danni di civili, donne e bambini di Gaza.
"Si devono capire le ragioni del terrorismo", ha detto Zaki. Non sono un sostenitore di Zaki, ma bisogna essere palesemente in cattiva fede per fare - come è stato fatto - di queste parole un elogio del terrorismo e di Hamas. "Capire" non vuol dire "giustificare" o "elogiare", ma appunto rendere oggetto di una spiegazione razionale. "Le ragioni", poi, non vuol dire "il fatto che il terrorismo abbia ragione": vuol dire, invece, "le cause", "i motivi". Tant'è che, nel seguito della frase di Zaki, si legge quanto segue: "credo che sia necessario fare un lavoro di ricerca sulle ragioni sottostanti". Insomma, Zaki ha posto delle ragionevolissime domande, che ogni essere normodotato - al di là delle appartenenze politiche - dovrebbe fare. E negare la stessa possibilità del porre domande rientra appieno nelle prerogative dell'odierno ordine mentale dominante.